Le maschere degli artisti trentini

Occorre attendere il Novecento perché il tema, attingendo spesso alle influenze europee, incontri l’interesse di artisti e committenti

Maschere. Le portiamo tutti i giorni. Le indossiamo per nascondere la parte di noi che fa paura? Bisognerebbe chiederlo agli artisti che si sono cimentati con il tema del mascheramento e le cui opere sono raccolte, ancora per una quindicina di giorni, presso lo Studio Rensi in via Marchetti, 28 a Trento.

La mostra “Maschere e mascherine nell’arte trentina”, inaugurata venerdì 2 febbraio, offre, senza alcuna pretesa di completezza, una panoramica sull’interesse dimostrato da alcuni significativi artisti trentini del Novecento nella raffigurazione della Maschera, nelle sue varie accezioni allegoriche, rituali, teatrali, carnevalesche.

Gli artisti coinvolti sono dodici. Una trentina le opere prestate da collezionisti privati, in alcuni casi familiari o dagli stessi artisti viventi: da Guido Polo a Gino Castelli, da Carlo Bonacina a Mariano Fracalossi, da Michelangelo Perghem-Gelmi a Pietro Verdini, da Marco Berlanda a Lome a Paolo Tartarotti, agli stessi fotografi Rensi: Rodolfo, Claudio, Matteo.

Si direbbe che il tema della maschera sia frequentato assiduamente nell’arte. Ma nella pittura trentina occorre attendere il Novecento perché il tema, attingendo spesso alle influenze europee, incontri l’interesse di artisti e committenti: pensiamo ai famosi Balli Plastici di Depero (1892-1960) e al suo Teatro Magico, o ai Mascheroni dipinti nella sala che prende il suo nome nel Palazzo della Provincia in Piazza Dante.

Guido Polo (1898-1988) ha rappresentato in molte sue opere la figura del clown, dei pagliacci, di Pierrot: l’espressionismo austriaco, tedesco e nordico, da Schiele a Kokoschka, da Nolde a Munch diventa in lui un punto di riferimento nello scavo dell’animo umano, riducendo il volto ad una sorta di maschera mesta, privata di ogni speranza e di ogni sorriso vitale. A quei Pierrot e, più in generale, all’ascendenza del belga James Ensor, si rifà Gino Castelli (1929) nella sua vasta produzione di maschere e mascherine: spesso ai piedi del Crocifisso, si confrontano con la Morte. Il pittore, oltre che “povero Cristo” sfruttato dai mercanti d’arte, si raffigura spesso come “Pierrot poreto”, condividendo la figura con Polo, Watteau e tanti altri. La raffigurazione della maschera c’è in Remo Wolf (1912-2009), attento alla dimensione del grottesco, ma anche autore di oli a tema carnevalesco. Anche Mariano Fracalossi (1923-2004) ha dedicato molte opere – pitture e incisioni – della sua raffinata e originale produzione alla raffigurazione dei teatrini, del mondo dei burattini e dei burattinai (formidabile l’Arlecchino stanco, poltrone). In Perghem Gelmi (1911-1992), ingegnere e pittore originale, la maschera (come talora nel suo maestro Guido Polo) rientra, come inquieta presenza, nella possibilità di comunicare stati d’animo degli oggetti all’interno delle nature morte. Possibilità che si ritrova anche in Carlo Bonacina (1905-2001): la mostra ospita una sua suggestiva natura morta con maschere. Pietro Verdini (1936) esprime nei suoi volti ieratici un eco delle maschere romaniche ed assiro babilonesi (di cui si sente discendente). Nella tavola in mostra rappresenta un giovane travestito in occasione del Carnevale della Val dei Mocheni. Di Marco Berlanda (1932) sono proposte invece le maschere femminili carnevalizie. Lorenzo Menguzzato (1967) – Lome – è da sempre attratto dalla rappresentazione del volto umano: teste e visi spesso si fanno maschere fantastiche, rituali o pierrottiane. Paolo Tartarotti (1958) è presente con “Medico della peste”, maschera introdotta dal 1300 dai medici italiani con scopi profilattici.

Sono esposti anche alcuni scatti della “dinastia” dei fotografi Rensi: Rodolfo, il fondatore; Claudio, fotografo d’arte e curatore di vari cataloghi di arte contemporanea; Matteo, fotografo del “Corriere del Trentino”, autore brillante di reportage fotografici. E a corollario delle opere, lo Studio accoglie alcune maschere fassane del Carnevale ladino realizzate dagli studenti del Liceo artistico “Vittoria” di Trento e una Maschera da Krampus realizzata dal giovane scultore Luca Pojer.

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