Ombre rosse sul distretto del porfido, la denuncia al presidente Fico

Il Coordinamento Lavoro Porfido si rivolge a Roberto Fico per far luce su alcune vicende poco chiare nel distretto del porfido

Una lettera aperta al presidente della Camera dei Deputati, l’on. Roberto Fico, e una richiesta di incontro per testimoniare quanto accade nel settore del porfido trentino: è l’ultima carta giocata in ordine di tempo dal Coordinamento Lavoro Porfido (Clp), l’aggregazione spontanea di cittadini sorta nel 2014 per denunciare il grave degrado del distretto del porfido trentino, a cavallo tra la valle di Cembra e l’altopiano di Pinè, dove sono attive ancora numerose cave che estraggono e lavorano il prezioso “oro rosso”, nonostante la grave crisi che ha colpito il settore facendo calare gli occupati.

A parlarne a nome del Clp mercoledì 25 luglio in una saletta del palazzo della Regione, “ospiti” del consigliere pentastellato Filippo Degasperi, c’erano Vigilio Valentini, già sindaco, dal 1985 al 1995, di Lona-Lases; Aldo Sevegnani, in passato capogruppo di minoranza del consiglio comunale di Albiano; e Walter Ferrari, ex lavoratore del porfido. Il Clp, che sabato 28 luglio alle 20.45 al teatro di Albiano proporrà – in collaborazione con il Centro missionario di Trento e il decanato di Pinè-Civezzano, Fornace, Lona-Lases, Albiano – la proiezione del film documentario “Alganesh” sui campi profughi di eritrei in Etiopia, all’interno di un ciclo di incontri sul fenomeno migratorio, denuncia al presidente Fico l’esistenza, nel Trentino dell’Autonomia, di “situazioni in cui i diritti dei lavoratori vengono quotidianamente calpestati, soprattutto se si tratta di immigrati”. Punta il dito contro lobby di potere economico capaci di condizionare pesantemente le amministrazioni locali della zona, piegate al soddisfacimento degli interessi individuali di pochi a scapito di quelli della comunità (e dire che le concessioni estrattive riguardano terreni degli “usi civici”, beni collettivi!), ma perfino di incidere sul piano legislativo. Per tacere del conflitto di interessi presente nelle amministrazioni comunali della zona, come ha evidenziato il segretario del Comune di Lona-Lases nel Piano di prevenzione della corruzione 2016-2018 sottolineando l’esistenza di “notevoli legami e parentele societarie con tutto l’ambito estrattivo che si estende principalmente nei Comuni limitrofi di Albiano, Fornace, Baselga di Pinè”. Se ciò già non bastasse, ci sono pure preoccupanti segnali dell’infiltrazione della criminalità organizzata: il riferimento è in particolare a quanto emerso dall’inchiesta “Aemilia” relativa all’infiltrazione della ‘Ndrangheta nel tessuto economico del nord Italia, che ha lambito anche il settore del porfido trentino (ne fece oggetto di una propria interrogazione l’on. Riccardo Fraccaro, che oggi è Ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia Diretta nel governo giallo-verde). E proprio Fraccaro si farà latore della lettera aperta del Clp al presidente della Camera, Fico.

Non basta. Prendendo spunto da una vicenda di cronaca con risvolti penali accaduta nel dicembre 2014, e cioè il sequestro all’interno di un cantiere del porfido e il pestaggio di un lavoratore del porfido di origine cinese ad opera di tre cittadini macedoni, condannati per quell’episodio sia in primo sia, dopo aver proposto appello, in secondo grado a 2 anni e 8 mesi di reclusione, il Clp evidenzia l’esistenza di una serie di circostanze emerse sia in sede di indagine sia in sede processuale che meriterebbero di essere approfondite. Ci sarebbe, secondo il Clp, che si richiama all’esposto-denuncia presentato dall’avvocato Giampiero Mattei, che ha difeso il lavoratore cinese, nel quale si fa riferimento alla condotta “a dir poco anomala, se non illecita, tenuta dai carabinieri della Stazione di Albiano” che intervennero sul posto del pestaggio, il 2 dicembre di quattro anni fa. Anche il ruolo di un noto imprenditore del porfido della zona andrebbe meglio chiarito, come si sottolinea in uno dei verbali della polizia giudiziaria. Le domande si intrecciano: perché l’operaio cinese fu caricato sul mezzo di servizio dei carabinieri e non su un’ambulanza? Perché il 118 (all’epoca non esisteva ancora il numero unico 112) fu fatto intervenire solo in un secondo tempo? Come mai il “noto imprenditore” scambiò sette sms con uno dei tre condannati (finora: fino alla sentenza definitiva, tiene a precisare il Clp, vale sempre la presunzione di innocenza) per il pestaggio? Rispondere a queste domande contribuirebbe a diradare nebbie e ombre. “Ma spiegazioni finora non ne sono state date”, rimarcano gli esponenti del Clp, che chiedono anche di approfondire l’esistenza di eventuali legami tra quell’increscioso fattaccio – il lavoratore finì poi all’ospedale in codice rosso -, peraltro “non isolato in un contesto virtuoso”, assicura il Clp, facendo riferimento al rinvio a giudizio per estorsione degli amministratori di una società concessionaria, e un altro inquietante episodio: l’incendio doloso a Campolongo, alla fine di agosto 2016, dell’auto di un carabiniere, guarda caso uno dei due intervenuti la sera del 2 dicembre 2014.

Non avendo trovato sostegno né risposte dalle amministrazioni locali e neppure dalla giunta e dal consiglio provinciale di Trento, il Clp tenta ora la strada del Parlamento, confidando che il ministro Fraccaro si attivi presso i ministri competenti.

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