Il micologo Ermanno Brunelli

Insegna agli ispettori micologi la tossicologia dei funghi, per distinguere quelli commestibili da quelli velenosiCosa fa il micologo?

È colui che, dopo aver studiato i funghi, dirime le varie specie scegliendo quelle commestibili e quelle invece tossiche, che vanno eliminate.

Per quale Gruppo Micologico lavora?

Lavoro nel Gruppo Micologico Bresadola di Trento, che organizza dei corsi a livello provinciale per ispettori micologi, nei quali anch’io insegno. C’è poi l’Associazione Micologica Bresadola, che si muove a livello nazionale e cura gli interessi di tutti i micologi. Lavoriamo assieme in vista di una sempre maggiore validità.

Che ruolo svolge nel Gruppo?

Da una ventina d’anni insegno la tossicità dei funghi. Chi frequenta i corsi, primo e secondo anno, ottiene l’attestato di micologo, che permette a chi è inserito nelle aziende sanitarie di andare sul mercato come esperto della cernita dei funghi tossici o commestibili; ma c’è anche chi frequenta il corso per hobby.

Chi era Giacomo Bresadola?

Il nostro maestro, un parroco che agli inizi del Novecento si è messo a studiare, da solo, tutti i funghi che incontrava nelle sue passeggiate. La sua enciclopedia, l’“Iconografia Micologica Bresadoliana” divisa in 26 volumi, è un testo fondamentale che ci ha permesso di costruire la struttura delle varie specie.

Chi sono gli altri riferimenti storici dei micologi?

L’illustre micologo ing. Bruno Cetto, che nel 1960 ebbe dal Ministero della Salute l’incarico di fare questi corsi per formare nuovi micologi. Nel parco delle terme di Levico gli hanno recentemente dedicato un busto.

Quali sono i principali funghi mortali?Bisogna parlare in latino: sono l’Amanita Phalloides e il Cortinarius Speciosissimus, due funghi mortali che vanno studiati e riconosciuti. Quando abbiamo in mano un fungo che può assomigliarvi va trattato con molta diffidenza.

I funghi vanno temuti o amati?

Vanno amati come si amano tutte le cose che possono dare soddisfazione… se vengono usati in un certo modo.

Quando e come è nata la sua passione?

Da piccolo, quando giravo per i boschi e vedevo piante, funghi e fiori che mi incuriosivano. Ho cominciato a dargli dei nomi, e a studiarne la commestibilità o la tossicità.

Quali strumenti usa nel suo lavoro?

Sono semplicissimi. Intanto i cinque sensi: il fungo va guardato, annusato, se si è sicuri anche assaggiato. In laboratorio, poi, si usano i reattivi – ovvero delle sostanze chimiche che reagiscono solo con certi funghi – e gli esami microscopici: per certi funghi solo con un esame di questo tipo si può riconoscere la sua struttura. I libri sono alla base di questo lavoro, perché la situazione micologica è in continuo divenire e per determinare certe situazioni bisogna sempre rifarsi ad una buona consultazione bibliografica.

Ci sono funghi che prediligono habitat specifici?

Le piante determinano il terreno, e quindi la crescita dei funghi. Ci sono funghi che “vanno” con tutte le piante, mentre altri sono legati a determinati ambienti naturali. Ad esempio il fungo Laricino – il “Laresot” in dialetto – cresce soltanto nei boschi di larici.

Quali sono i sintomi più comuni dell’avvelenamento?

Ci sono dei funghi che danno gravi disturbi gastrointestinali, altri agiscono sugli organi come i reni o il fegato. Questi sono i tre principali quadri clinici, poi ogni fungo ha effetti diversi.

A che età si può cominciare a studiare micologia?

Quando si comincia ad andare a scuola, e si può iniziare a leggere i nomi… se si imparano le altre lingue si può imparare anche un po’ di latino. Per frequentare il corso e avere l’attestato, bisogna avere la licenza media superiore.

Chi dà i nomi ai funghi, e perché hanno tanti nomi?

Si tratta di mettersi d’accordo, nella nomenclatura, con il latino. Linneo e Fries, due luminari settecenteschi della micologia, hanno dato i nomi latini, che sono sopravvissuti fino ad oggi pur con qualche variazione: se la determinazione di un fungo non era precisa è stata modificata, però in genere i nomi sono ancora quelli originari. Poi ci sono i nomi locali, che complicano enormemente le cose a noi studiosi.

Come si distinguono i funghi velenosi da quelli non?

Bisogna riconoscerli, e per riconoscerli bisogna studiarli, e per studiarli bisogna avere pazienza, dedicarci tempo, avere i testi giusti ed essere seguiti da micologi professionisti. I funghi sono in tutto cinque o sei mila; io ne conosco approfonditamente circa un centinaio.

Lei è mai rimasto intossicato da un fungo?

No, perché sono molto prudente. Noi micologi e tossicologi lo ripetiamo sempre: il fungo va prima di tutto riconosciuto; se non lo riconosciamo non dobbiamo prenderlo e tanto meno mangiarlo. È pericoloso anche il fungo conservato, magari bollito, messo in un vasetto sotto aceto e regalato a Natale. Il mio consiglio? Di gettarlo: un fungo bollito e messo sotto aceto in un vasetto diventa irriconoscibile. Come possiamo sapere quale fungo stiamo per mangiare?

Intervista dei ragazzi della 1°B dell’Istituto Bonporti di Trento (scuola media)

a cura di Elisabetta Girardi


Nome: Ermanno

Cognome: Brunelli

Attività: Micologo

Segni particolari: medico di professione, è anche micotossicologo. Da una ventina d’anni insegna la tossicità dei funghi nei corsi organizzati in Provincia dal Gruppo Micologico Bresadola.

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