Un giallo per non abbassare la guardia sulla Shoah

Anche nel secondo romanzo di Loreta Failoni, presidente del Coordinamento teatrale trentino e già vicesindaco e assessore a Tione, lo sterminio degli Ebrei durante il nazismo ha un suo posto preciso. Ma se in “La bisettrice dell’anima”, romanzo d'esordio dell’autrice (che nella vita insegna matematica ai bambini) il racconto della shoah ha il volto di un’ebrea parigina, ne “La voce della paura” prende la forma del plot di genere. È un giallo di oltre 350 pagine, pubblicato da Reverdito e da poco in libreria, ambientato in Svezia, “Paese che la scrittrice ama e conosce profondamente”, è riportato nel risvolto di copertina. Il richiamo è certo ai thriller nordici che tanto successo hanno ormai da anni.

Il lavoro mischia molti elementi, forse fin troppi. Una giovane madre, vedova di un giornalista ucciso in Afghanistan, con un figlio adottato affetto da un mutismo causato da un trauma le cui origini, e identità, mano a mano verranno svelate. Un anziano ebreo, dal passato irraccontabile, almeno in un primo momento, aggredito selvaggiamente da un gruppo di neonazi agli ordini di una vegliarda. Storie che si incontreranno, arriveranno a sintesi con lo smantellamento di una banda di motociclisti, seguace del nazionalsocialismo con aderenti fin ai più alti livelli, sino al ritorno alla parola del bimbo. Ma ci sono anche molti altri elementi, non secondari, dentro “La voce della paura”, comprese le paginette, in corsivo, all’inizio di ogni capitolo, che riveleranno una storia nella storia. Nonostante la complessità della trama e del suo sviluppo, le pagine scorrono veloci e la tensione aumenta.

L’autrice dimostra di saper mantenere a bada la materia, articolata e su più piani, e di non mancare di una fervida immaginazione che trova comunque solide radici in una certa realtà. Semmai, si sarebbe potuto asciugare un po’ il racconto e dare un altro tono al finale che risulta piuttosto fiacco. I dialoghi, anche nelle situazioni domestiche, sono permeati da un’ironia che addolcisce la tensione. In definitiva, un romanzo a più strati di lettura nel quale anche i rapporti umani e la solidarietà femminile, come il tratteggio delle psicologie dei personaggi, trovano un loro “ambiente”. Qui, come nel lavoro d’esordio, il tema della memoria gioca un ruolo di primo piano. C’è, come riporta l’autrice, “il desiderio di tenere alta la guardia rispetto alla persecuzione del popolo ebraico e dell’antisemitismo strisciante. Nei confronti dei quali è importante la battaglia con l’unica arma davvero efficace: la parola”.

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