Tutela dei minori, un “gioco” di squadra

Il progetto triennale MIVES delle università di Trento e Verona punta a mettere in rete tutti i professionisti che operano a sostegno dei minori

Scuola, servizi sociali, servizi sanitari, terzo settore e famiglia: come mettere in rete le figure che sul campo si occupano di tutela dei bisogni dei minori?

Saper affrontare e superare la condizione di disagio sociale che colpisce bambini e ragazzi (isolamento, aggressività, ritardo nell’apprendimento, incapacità di instaurare legami affettivi sono alcune delle sue molte facce) è un compito complesso che coinvolge, accanto ai genitori, assistenti sociali, educatori, coordinatori pedagogici, pediatri, psicologi, neuropsichiatri, insegnanti; per ottenere buoni risultati ciò che può fare davvero la differenza è il gioco di squadra tra tutti questi diversi soggetti. Da questa convinzione è nato in Trentino il progetto MIVES (Modelli di Innovazione e Valutazione di Esito nei Servizi scolastici, socio-educativi e socio-sanitari per minori), che si propone di superare la frammentazione nell’approccio, che inevitabilmente causa ritardi e limita l’efficacia dell’intervento sul minore con un conseguente aumento di costi sul sistema.

Nell’arco di tre anni, il progetto – presentato nei giorni scorsi a Trento – punta a mappare e mettere in rete le informazioni e le valutazioni sullo stato di bisogno del minore raccolte tra i vari soggetti, con l’obiettivo di offrire un’assistenza più completa e mirata.

Il progetto, che ha ottenuto un importante finanziamento dalla Fondazione Caritro, è frutto del lavoro sinergico tra l’Università di Trento (Dipartimento di Lettere e Filosofia) e l’Università di Verona (Centro di Ricerca nei servizi alla persona CRSP). Una collaborazione scientifica intensa che si è allargata ad una serie di partner territoriali – il Centro di Ricerca di Psicoterapia (Cerp) di Milano-Trento, il Servizio Politiche sociali e il Servizio Istruzione della Provincia autonoma di Trento, la Direzione per l’integrazione socio-sanitaria dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari e il Consiglio per le autonomie locali – che saranno coinvolti nella fase sperimentale.

L'ambizioso progetto è articolato in diverse fasi che prevedono focus-group, questionari, approfondimenti, tavoli di lavoro e costruzioni di reti. Il progetto si concluderà nel marzo del 2015 con lo sviluppo di una banca dati che integrerà gli indicatori di disagio con quelli di benessere dei vari soggetti e che sarà messa a disposizione dei professionisti che operano sul territorio.

“Spesso si tende a definire patologie quelle che, in realtà sono invece solo delle difficoltà”, ha spiegato Olga Bombardelli, responsabile scientifica del progetto per l’Università di Trento: “Il progetto MIVES, in questo senso, mira a coordinare gli sforzi, a favorire l’ascolto delle famiglie e la sinergia fra i vari operatori per arrivare alla costruzione di soluzioni condivise valide ed efficaci”.

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