Progetti di stabilizzazione

Renzi qualche battaglia l’ha vinta, ma adesso deve consolidare la sua posizione

Per adesso Renzi non si sta comportando come lo dipinge la satira, cioè come un parolaio che non sa dove andare e affabula semplicemente la gente. Un disegno politico, per quanto inevitabilmente sfuocato e in parte ancora duttile, si intravede, basta fermarsi ad osservare con attenzione.

Due fatti recenti spiegano, a nostro giudizio, questa strategia: le nomine ai grandi enti pubblici e il secondo incontro con Berlusconi.

Nelle nomine per le grandi società sotto controllo dello stato il presidente del Consiglio ha ancora una volta giocato con astuzia: ha messo in scena un po’ di ricambio, ma ha di fatto mandato un messaggio rassicurante a tutta una parte (importante) dell’establishment. Alla teatralità appartengono la scelta di un po’ di donne alla presidenza di enti significativi, la sostituzione di alcuni alti dirigenti che si pensavano intoccabili, l’insistenza su qualche limite agli emolumenti dei vertici. Alla sostanza delle cose appartengono sia le carriere di chi ha sostituito coloro che sono usciti di scena (personaggi degli establishment interni ai gruppi interessati o comunque manager in servizio permanente effettivo nei grandi circuiti dell’industria di stato), sia l’accurato bilanciamento fra varie componenti (persone riferibili ai diversi partiti in gioco, FI compresa; messaggi lanciati alle forze imprenditoriali con la scelta di una ex presidente di Confindustria; benefit a propri sostenitori).

In questo come in altri casi sembra di capire che Renzi punta a tranquillizzare almeno una parte dei ceti dirigenti: un po’ di rivoluzione si deve fare (non lo predicano tutti da anni?), ma stare tranquilli che nessuno vuole sfasciare gli equilibri del paese oltre il necessario per affermare la propria leadership. Naturalmente il messaggio non è “disarmato”, perché l’attuale premier non esita a dare qualche calcio negli stinchi, come ha fatto tassando le rendite bancarie graziosamente elargite da Monti agli istituti di credito che dovevano affrontare gli esami europei. Non impressionatevi perché le banche strillano: anche quello fa parte della recita ed è una tecnica per evitare altri interventi.

Il secondo fatto che ci mostra come Renzi punti a dare una certa stabilizzazione al sistema è il colloquio concesso a Berlusconi. Al contrario dei vecchi leader della sinistra, egli ha capito che per fare dei cambiamenti c’è bisogno di un ampio sostegno, così ampio che non si può trarre semplicemente dalle urne. Per questo gli serve tenere sotto controllo Berlusconi, perché tutto sommato se si sfascia quell’elettorato non si sa dove potrà finire. Perciò va bene dare al vecchio leader sfiatato un po’ di palcoscenico: serve per non disperdere al vento un certo gruzzolo elettorale ed eventualmente per spingere i delusi verso Alfano, piuttosto che gettarli nelle braccia dei vari qualunquismi in campo.

L’operazione non è affatto priva di rischi. Innanzitutto perché non è ancora chiaro quanto il consenso di cui gode l’attuale inquilino di Palazzo Chigi sia solido. Non parliamo solo di consenso elettorale che verrà misurato, sia pure in forma imprecisa nella tornata di fine maggio, ma anche del favore di cui sembra godere da parte di una quota non trascurabile delle élite dirigenti. Qui un problema non piccolo sarà dato dalla “burocrazia” a cui apparentemente ha dichiarato guerra. Di nuovo però si tratterà di capire se quella guerra è generalizzata o se è l’occasione per liberare dei posti e consentire l’avanzata di una seconda fila che aspetta il suo turno e che per questo diventerà una sua fedele alleata.

In secondo luogo c’è dietro l’angolo l’incognita dell’andamento dell’economia. Qualcosa sembra migliorare, ma Renzi avrebbe bisogno di qualche risultato di buona portata e questo non è un obiettivo facile da raggiungere.

In terzo luogo continua ad incombere la crisi dei partiti, tanto nel PD, dove c’è ancora un ceto politico tradizionale che spera di riprendere il vecchio potere, quanto nei suoi alleati centristi. E’ vero che l’NCD sembra in grado di far cartello al centro e forse cosi conferma il significato di una presenza, ma si tratta sempre di una coalizione rissosa e in eterna fibrillazione.

Insomma: Renzi un disegno di stabilizzazione ce l’ha, qualche battaglia l’ha vinta, ma adesso deve riuscire a consolidare bene la sua posizione.

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