Terre diverse, radici comuni

Festa grande domenica 27 aprile per la chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca in Trentino. La comunità è stata visitata dall’arcivescovo Mark d’Egorievsk, uno dei principali collaboratori del patriarca Kyrill, che nella sua veste di amministratore apostolico patriarcale assiste le comunità ortodosse russe in diaspora: nel suo raggio d’azione, dall’America all’Asia ai principali Paesi europei dove i russi hanno dato vita a comunità locali, rientra anche l’Italia.

La sua presenza in Trentino ha voluto innanzitutto rafforzare e consolidare la comunità stessa: è importante, ha infatti sottolineato, che i fedeli sentano vicina la presenza dei loro pastori.

Celebrando la Divina Liturgia nella chiesa di sant’Antonio, a Rovereto, si percepiva proprio l’importanza dello stare insieme, del vivere insieme la fede per testimoniarla e per non perdere le radici profonde di una storia antica.

Da un paio d’anni, a Borgo Sacco, la comunità ortodossa del patriarcato di Mosca ha saputo adattare il tempio alla preghiera orientale: una grande iconostasi, l’assenza di banchi, alle pareti immagini consone alla storia orientale illuminate da centinaia di candele. E poi il canto, prezioso, indispensabile, affidato alle voci raffinate del piccolo coro.

Padre Ion Grebanosu è il parroco, «inviato in Italia dal Patriarcato di Mosca per unire la comunità ortodossa russa del Trentino, oggi multietnica: la parte più numerosa è moldava (oltre 3 mila persone), e poi russa, ucraina, serba. Posso dire – afferma oggi padre Ion – di aver contattato oltre quattrocento persone per battesimi, matrimoni, funerali, provenienti da tutta la regione».

L’arcivescovo Mark era accompagnato dal suo vicario generale per l’Italia, presente alla liturgia insieme a padre Ion e ad altri sacerdoti della stessa comunità.

Ha portato il saluto della diocesi il direttore del Centro Ecumenico, Alessandro Martinelli, sottolineando come i rapporti con il patriarcato di Mosca risalgano agli anni ’70 in seguito alla fondamentale presenza del metropolita Nikodim di San Pietroburgo.

Al pranzo comunitario, preparato dalla stessa comunità in festa, don Sergio Nicolli, decano di Rovereto, ha portato il saluto della chiesa cittadina. Tanti i fedeli che hanno voluto essere presenti a quest’appuntamento, rimarcando la volontà di sentirsi parte di un’unica terra, e come ogni radice non possa far altro che sostenere le radici degli altri; impegno sociale e condivisione di ideali che – sostenevano i fedeli – sarebbe importante la stampa ne rinforzasse l’importanza, anche semplicemente dandone notizia.

Al termine della giornata l’incontro atteso con mons. Bressan. La delegazione patriarcale è stata ricevuta dall’arcivescovo Luigi che ha sottolineato la vocazione ecumenica della diocesi e l’importanza della comunione cristiana per testimoniare l’unico Signore Risorto, che quest’anno i diversi calendari hanno permesso di celebrare nello stesso giorno.

Alla sera, padre Ion intravede un pensiero comune per le nostre chiese: «Vorrei che mantenessimo gli stessi rapporti di apertura, di dialogo e di collaborazione, e che diventassero puri come la Parola di Dio, semplici e convincenti per quelli che si sono allontanati o persi. Vorrei che fossimo sempre presenti nei momenti di festa ma soprattutto di dolore. La chiesa deve restare un rifugio spirituale per ognuno: giovane o vecchio, ricco o povero, credente o ateo. È importante che quando la persona cerca Dio trovi la chiesa per ricevere la parola giusta e per sentire l’appoggio e la forza dello Spirito».

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