L’Europa è la vera carta da giocare

Le elezioni europee riusciranno a imprimere una marcia in più al disegno europeo?

La crisi politica che sta frantumando l’Ucraina è sotto gli occhi di tutti. La Crimea è tornata nelle braccia di Putin e così sta per fare un'altra regione, quella più a est, che confina con la vecchia Urss. Al tavolo della trattativa per trovare una soluzione cercando di limitare, se non di evitare, il ricorso alle armi ci sono Urss e Stati Uniti. Qualche occhiata, più o meno interessata, arriva anche dall’Onu. L’Europa non c’è. Non solo non si sente, ma non riesce nemmeno “formalmente” a indicare un percorso per una possibile via d’uscita. Si limita a dei banali auspici. L’Inghilterra teme di irritare Mosca visti gli enormi investimenti che gli oligarchi russi stanno facendo nel paese. La Germania è interessata a rafforzare il suo ruolo all’interno dell’Europa, gli altri Paesi europei sono preoccupati per le possibili ripercussioni che una loro posizione potrebbe poi avere sul piano dei rifornimenti del gas russo. Putin da parte sua aspirerebbe ad avere come interlocutore l’Europa, ma non sa concretamente a chi rivolgersi, ognuno parla la propria lingua e non quella del vecchio continente. Obama è stanco di intervenire nelle vicende europee ed è soprattutto rammaricato di dover fare “supplenza” all’assenza di una politica europea, capace di far valere i valori della democrazia occidentale.

La Cina ha seguito con estremo interesse la nascita dell’euro, era entusiasta di poter avere una moneta di riferimento diversa dal dollaro, ma da qualche tempo, sicuramente anche per ragioni interne, ha perso la fiducia e l’entusiasmo iniziale. Probabilmente ha avvertito come l’Europa faccia fatica a essere un riferimento anche da un punto di vista politico per le sue troppe divisioni interne. Ora la Cina deve fare i conti con una costante crescita interna, il costo del lavoro è aumentato e cominciano le prime e sempre più larghe contestazioni sindacali con richieste legate all’orario di lavoro, alla previdenza, alla sanità, alla sicurezza nei posti di lavoro ecc.. Insomma si apre la grossa partita dell’organizzazione di un sistema di welfare. Il punto di riferimento per i cinesi non è l’Europa ma gli Stati uniti, anche se il sistema sanitario americano costa una decina di punti percentuali in più rispetto a quello europeo (18% contro l’8%). Insomma l’Europa sta perdendo punti anche nei confronti di una potenza come la Cina.

La crisi finanziaria e poi economica esplosa nel 2008 negli Stati Uniti ha ulteriormente affossato la speranza di vedere un’Europa capace di reagire con una politica comune, davanti agli effetti devastanti che si sono prodotti in questi ultimi anni, con tassi di disoccupazione largamente superiori alle due cifre. Gli Stati Uniti appena si sono accorti di che cosa stava accadendo nel Paese hanno immesso sul mercato, quasi dalla sera alla mattina, 800 miliardi di dollari. L’Europa ha dovuto fare i conti con la crisi greca. Per risolverla erano sufficienti, all’inizio ovviamente, 30 miliardi di euro ma non si è provveduto per il “nein” della Merkel alle prese con le elezioni regionali della Renania. Poi i milioni necessari sono diventati 300 e la crisi in quel paese grazie ad una politica ottusa ha avuto degli effetti devastanti.

Sarebbero sufficienti solo questi tre esempi, ma ne potremmo aggiungere molti altri a partire da quello sull’immigrazione che arriva soprattutto dall’Africa, per affermare che il sogno europeo è svanito. Qualcuno potrebbe sostenere che hanno ragione Grillo e la Le Pen a voler tornare agli stati nazionali. No. Hanno torto. Il problema vero è che l’Europa si è fermata in mezzo al guado. Sembra non sia più il sogno di tanti popoli ma sia diventata una sorta di tecnostruttura senza un’anima, senza un grande disegno politico. Pare che ci si accontenti di non avere più guerre, si dà quasi per scontato che la pace sia un dato acquisito per sempre…quando sarebbe sufficiente guardare ai nuovi paesi dell’est per capire che non è così. No, i popoli europei per essere protagonisti nel mondo, per risolvere i loro problemi di crescita e di sviluppo hanno bisogna di una vera Europa, di un’Europa forte con politiche economiche, fiscali e monetarie comuni. Essere protagonisti, anche politicamente, in un mondo globalizzato vuol dire poter contare su risorse, investimenti, capacità d’iniziativa. Neanche la Germania può farcela, è troppo piccola perché regga le sfide che arrivano dai paesi emergenti. No l’unica soluzione è una vera Europa federale e non meramente regionale. Occorre ridare respiro alla politica. C’è da augurarsi che le nuove elezioni europee, con le riforme istituzionali che introdurranno, riescano a imprimere una marcia in più al disegno europeo liberando la Bce di Draghi da compiti che non le appartengono. La Russia, gli Stati Uniti, la Cina, l’India, il Sud Est asiatico, il Brasile hanno bisogno di tornare a risentire la voce di un’unica Europa. C’è bisogno che Italia, Francia, Spagna e altri paesi sviluppino a un’alleanza forte, seria, solidale e soprattutto capace di essere reale punto di riferimento per tutti gli altri Paesi. Non si tratta di dar vita a una politica antitedesca, ma a una politica positivamente europea. Certo si respira una certa sfiducia verso le istituzioni europee, ma è la stessa sfiducia che si respira verso le istituzioni nazionali. Forse è solo attraverso un rinnovato disegno europeo che si potranno trovare le condizioni per tornare a riflettere anche sulle questioni nazionali. L’Europa è la vera carta da giocare. Le alternative come quelle di tornare indietro agli stati nazionali, alle monete nazionali, ai vecchi confini e alle vecchie logiche dei blocchi sono pure illusioni. I problemi, come le potenzialità, che quest’avvio di secolo ci presenta vanno affrontati, approfonditi e risolti. Se invece ci limitiamo ad accantonarli vorrà dire che avremo perso solo del tempo, ma non li avremo certo risolti. Anzi!

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