Trentini in Sicilia

Un patrimonio archelogico unico che richiama turisti da tutto il mondo – la crisi economica inarrestabile – le preoccupazioni della Chiesa

Ben 5 pullman di società di trasporto locali si sono trovati in contemporanea al molo di Napoli dopo essere sbarcati da un traghetto proveniente da Palermo. Erano carichi di gitanti trentini che avevano scelto quale meta la Sicilia per un soggiorno di una settimana e la visita ai maggiori centri urbani ricchi di arte, di storia, di cultura e di folclore. Nel programma, per taluni erano state inserite anche le isole minori. Diverse le organizzazioni quasi tutte operanti nel capoluogo, tra queste i circoli per anziani e la sezione di Trento dell'Associazione nazionale carabinieri che con il presidente Silvano Fedi ha moltiplicato le iniziative in concomitanza con le celebrazioni per il 200° anniversario di fondazione dell'Arma con recital al Sociale “Nei secoli Fedele” a Trento, mercoledì 4 giugno e incontro col Papa, il giorno successivo a Roma. A tener banco durante l'attraversata del Tirreno e la sosta al porto, l'incidente di Feltre che ha visto coinvolti un bus e una quarantina di giovanissimi atleti del nuoto trentino. Cellulare rosso per le chiamate senza sosta, dell'autista Lorenzo Laner, imprenditore del settore e presidente del Consorzio trentino autotrasportatori (CTA). A Laner facevano riferimento colleghi ed associati in corsa per tutt'Italia ed anche Europa, raggiunti dalla notizia, giornalisti, amministratori pubblici, famiglie in trepidazione. Ipad e Iphonen che potenza! per la loro capacità di anticipare immagini e resoconti di cronaca, di portare in tempo reale sul luogo dell'incidente. Ogni mezzo ha preso quasi subito l'autostrada per il nord, provocando la dispersione dell'improvvisata e numerosa comitiva di corregionali, dopo lo scambio di battute fra concittadini. Entusiastiche le impressioni riportate in una terra pur avvolta nelle nebbie di drammatici fatti di cronaca legati alle efferatezze della mafia, isola baciata dal sole, unica quanto a clima, bellezze naturali, tradizioni, patrimonio artistico, storia, letteratura, economia. Un saggio coi fatti di mafia lo si è avuto quasi subito nell'incontro per le vie palermitane con gente arrivata da tutt'Italia per ricordare il giudice Falcone, a ventidue anni dall'eccidio di Capaci, in cui persero la vita il magistrato Giovanni Falcone, la moglie, Francesca Morvillo, gli agenti di scorta Vito Schifani, Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Fra i 20 mila ragazzi che hanno occupato pacificamente il cuore della città pure molti studenti trentini, arrivati con viaggi organizzati e i più grandi anche singolarmente. La stampa ha dato rilevanza alle parole di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera: “Essere contro le mafie dovrebbe essere un fatto di coscienza, non una carta d'identità”. Il presidente Giorgio Napolitano nel suo messaggio aveva detto che “per contrastare tale pervasiva presenza e fuorviante influenza, è indispensabile il coinvolgimento delle forze sane e della società, e in specie, delle giovani generazioni”. Una pervasività, quella mafiosa, bene commentata nel gruppo dei carabinieri dalla guida, Giovanni Toro, il decano della categoria siciliana, durante il viaggio, passando nei pressi delle molte “stazioni” della “passione dolorosa” di vittime innocenti per mafia di uomini e donne, ed anche minori, di tutte le estrazioni sociali. Giovanni, classe 1949, figlio di un avvocato, dopo gli studi classici nonostante la sua specializzazione in farmacologia ha preferito, ancor prima di completare gli studi universitari, il contatto diretto con i turisti, e il lavoro nei campi, nell'agrumeto di famiglia a Palagonia in provincia di Catania. Il padre, amico di Giorgio La Pira (1904-1977), nato in questo comune, lo aveva spedito, su indicazione del sindaco di Firenze, a studiare in questa città presso l'Istituto dei Padri Barnabiti, dove ha avuto quale “grande maestro”, nelle funzioni di prefetto, il trentino padre Silvio Covi di Cavareno, tutt'ora vivente. Giovanni Toro incanta parlando della Sicilia, trasformandosi ora in botanico quando c'è da spiegare le specie vegetali e la flora mediterranea. Si esalta nel parlare di storia e di archelogia, citando il succedersi di re e regine, di eroi mitologici, ellenistici, greci, romani, bizantini, barbari, spagnoli siculi, grandi personaggi e figure minori che hanno contribuito allo sviluppo dell'isola. Non manca di riferimenti e di parallelismi con il Trentino che conosce assai bene per la presenza di parenti stretti sulle Dolomiti. Con orgoglio parla dei molti personaggi del nord Italia, in epoche lontane e diverse, chiamati a lavorare in Sicilia per le loro specializzazioni in campo edilizio e artistico. Ad attirare, oggi, è soprattutto il comparto agricolo, vitivinicolo. Il Feudo Arancio, della Cantina Mezzacorona è una prova concreta. Fabio Rizzoli, l'ex direttore manager della Nosio e Rotari, vi si è insediato in pianta stabile ed ha il suo bel d'affare a spiegare ai trentini di passaggio ed anche ai siciliani, il perchè ed i risultati di un investimento in una terra così lontana, trasformata da incolto in paradiso terrestre. Il discorso non può che cadere anche sulla mafia, su sospetti condizionamenti nel corso della costruzione della cantina e dell'allestimento del vigneto che occupa oltre 300 ettari con un lago artificiale, nel mezzo, in grado di condizionare il microcliama a favore delle produzioni. Una sessantina gli occupati, mentre il Feudo ha messo le ali trasferendosi in due altri centri dell'isola, nell'ambito del “progetto Sicilia” della stessa cantina Mezzacorona. L'iniziativa che ha superato una dozzina di anni dal via, ha stimolato – e lo dicono tanto Rizzoli che Toro – la competitività dei locali e di altri investitori del nord. I vini di qualità siciliani hanno conquistato mezzo mondo. Il progresso del settore negli ultimi anni è ben visibile e marcato con l'avvento di un'elevata professionalità. Soffre il settore degli agrumi e degli ortaggi, un po' per la siccità, ma soprattutto per la concorrenza, gridata “sleale”, di Spagna e altri Paesi mediterranei con quintali di arance sugli alberi e sotto, a marcire. Stessa cosa per tonnellate di ortaggi. Lampedusa e gli sbarchi incessanti sono pane quotidiano, con il loro carico di problemi che si notano dappertutto del tutto simili a quelli del nord: disoccupati, questuanti, vagabondi, uomini e donne sempre in cammino mortificati, con lo sguardo apparentemente assente. Per scaramanzia o per convizione se ne parla un po' in tutti gli ambienti, Europa in prima fila. L'argomento fa la sua comparsa nelle conversazioni anche spicciole. E' lontano dall'essere tabù. Nei centri storici, Palermo, Erice, Marsala, Trapani, Agrigento, Caltagirone, Ragusa e Siracusa, Catania, Capo Orlando, Cefalù, tanto per citarne qualcuno, la presenza di turisti italiani e stranieri ha la dimensione di massa. Per l'accesso ai poli archelogici la ressa ti costringe a zigzagare sempre attenti ad evitare scontri personali o pestate di piedi. Gratis l'accesso a musei e siti arcchelogici per gli over 65. Poco lontano da templi, chiese, piazze, palazzi, quartieri popolosi, il degrado si manifesta come conseguenza della crisi economica con stabilimenti e cantieri edili chiusi, case di campagna abbandonate, negozi chiusi, botteghe spente e livelli di disoccupazione o sottooccupazione, altissimi. Il vescovo di Caltagirone, mons. Calogero Peri, cappuccino, non se la sente di citare un dato percentuale della disoccupazione, specie giovanile, della sua diocesi di 150 mila abitanti, tanto è diffusa ed elevata in tutti i settori. Tutti i preti (una novantina) sono impegnati a garantire condizioni minime di assistenza. Reggono turismo (mordi e fuggi qui) e artigianato. Il grande seminario è stato traformato in centro sociale ed alberghiero per favorire incontri culturali fra tutte le associazioni ecclesiali dell'isola. I seminaristi (una decina) sono dirottati nei seminari di Catania e Palermo. Anche in questo caso ci si imbatte in un vescovo che conosce bene il Trentino e i confratelli di quassù, per aver trascorso un periodo di convalescenza nel convento di Terzolas. E' la targa del pullman durante la sosta a richiamare qualche convalligiano trasferitosi in Sicilia per matrimonio o lavoro. Un saluto ed un abbraccio sigla i convenevoli. Un giovane fassano di Ciampedie, con laurea in sociologia, a Lampedusa è impegnato non con i profughi, ma con le tartarughe, partecipando ad un progetto a tutela della specie. La serie televisiva di Montalbano si è trasformata in un formidabile mezzo pubblicitario di luoghi, costumi e tipologie edilizie in una simbiosi fra vecchio e nuovo. Come dire Montalbano e le sue avventure resistono e fanno amare la Sicilia.

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