Le grandi storie del calcio minore

Settanta storie di calcio, ma di un altro pallone, che racconta vite, dolori, felicità fugaci, fatiche da mediano, polveri di stelle. Non quello insopportabile del chiacchiericcio quotidiano, delle parole vuote, dei campioni palestrati e di partite noiose, incapsulate da tattiche e strategie che imbrigliano talento e fantasia. Dove i geni dell’arte pallonara, non solo con i piedi ma pure per quello che dicono, sono ormai così rari da risultare marziani in mezzo a manipoli di carneadi corridori sgrammaticati di fasce e spicchi di campo. Carlo Martinelli, giornalista e scrittore, per diversi anni responsabile delle pagine della cultura del quotidiano “Alto Adige” (poi “Trentino”), ed ex libraio, e ci tiene a sottolinearlo, dopo “Storie di pallone e bicicletta” torna sul rettangolo di gioco. Ma per stare, anche e seppur non solo, nel “Campo per destinazione”, quello dove le riserve si scaldano prima di entrare e ci sono le panchine e i guardalinee e i raccattapalle. Pillole, ognuna non più di una pagina e mezzo, “70 storie dell’altro calcio”, come recita il sottotitolo del racconto a più voci pubblicato dalla veneziana inContropiede (che per ora vende solo online). Come quella di Georgi Asparuhov, centravanti bulgaro che giocò e segnò sempre nella sua terra e si schiantò contro un camion mentre era alla guida della sua Alfa Romeo. Oppure l’epopea del marocchino Larbi Ben Barek, primo talento assoluto del calcio africano ad arrivare in Europa alla fine degli anni Trenta del secolo scorso e considerato oggi un eroe nazionale. Per non dire di “Fatty” Foulke, portierone inglese che pesava un quintale e mezzo e che ai suoi tempi, a cavallo tra Otto e Novecento, era il meglio che ci fosse in giro e che finì i suoi giorni esibendosi in un luna park. Scrive, Martinelli, pure di scampoli di storie trentine. Di Cesare Battisti che, nel 1915, a Milano assistette alla partita tra la nazionale e una selezione franco-belga in favore dei profughi fiamminghi e delle famiglie degli irredenti italiani. Come di Carlo Odorizzi, il noneso di Tuenno, una vita da mediano spesa in serie B nonostante vincesse campionati a raffica e per il quale la A rimase un sogno. O del nobile Nicola Goicovic, in fuga dalla rivoluzione russa e arrivato a Cavalese dove difese la porta della squadra locale anche contro il vacanziero campione del mondo Beppino Meazza. Per finire con il rendenese Carlo Sartori, roccioso centrocampista del Manchester United, compagno di squadra di un certo George Best.

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