“Nei conflitti l’informazione è la prima vittima”

L’area europea – in senso ampio – di cui si occupa la redazione dell'Osservatorio Balcani e Caucaso di Rovereto deve confrontarsi frequentemente con situazioni di tensione, di scontri, di prepotenza e violenza, spesso ignorate dai media occidentali. E durante i conflitti e le guerre civili, come quella in corso in Ucraina, l’informazione è essa stessa vittima, insieme alle vite di donne, bambini e soldati, regolari o meno. Ne parliamo con Luka Zanoni, direttore della testata e coordinatore della redazione transnazionale on-line. Il suo è un lavoro di giornalista che si confonde con la passione per la libertà: intesa come diritto ad un’informazione aggiornata e veritiera, ma anche nell’accezione di democrazia e giustizia per tutti i popoli.

Quest'anno la Commissione Europea ha assegnato a OBC il compito di guidare un’iniziativa molto articolata sulla libertà di informazione in Italia, Sud-Est Europa e Turchia…

“Per tutto il 2014 assieme ad altri partner europei stiamo pubblicando settimanalmente approfondimenti e notizie sulla libertà di stampa, svolgiamo una ricerca scientifica in 11 paesi incontrando centinaia di giornalisti per capire i loro effettivi bisogni, stiamo lavorando ad un manuale con strumenti concreti di sostegno ai giornalisti minacciati e costruendo una piattaforma di crowdsourcing in 9 lingue dove raccogliere le denunce dirette dei giornalisti in merito a violazioni alla libertà di stampa. Vogliamo far sapere le storie di chi, ogni giorno, rischia pur di far bene il proprio lavoro”.

Perché è importante questo aspetto?

“Nel contesto della disgregazione violenta della Jugoslavia gli organi di informazione sono stati troppo spesso a servizio o pesantemente condizionati dai signori della guerra ed hanno avuto gravissime responsabilità sulle violenze avvenute. Abbiamo il dovere morale di lavorare affinché la tragedia jugoslava funga da utile monito: una società non può essere sana e libera se non è permesso a ciascuno di esprimere la propria opinione, ed uno dei canali principali per farlo sono i mezzi di comunicazione”.

L’Osservatorio ha mai dovuto fare i conti con minacce dirette?

“Sì, la forma più virulenta di tentativo di censura l'abbiamo subita l'estate scorsa. I nostri server sono stati attaccati da hacker informatici. Ci veniva chiesto di togliere una serie di articoli dal web, cosa che naturalmente non abbiamo fatto. Abbiamo subito danni ingenti, ma siamo riusciti a tutelarci grazie al sostegno di una Ong canadese sorta proprio per difendere i liberi organi di informazione da attacchi di questo tipo. Noi siamo un'organizzazione che ha le spalle relativamente larghe. Ma cosa accade invece ad organizzazioni più piccole i cui giornalisti sono oggetto non solo di intimidazioni informatiche ma spesso anche di aggressioni fisiche?”.

Qual è il significato della parola “pluralismo”, in questa era planetaria, al tempo delle migrazioni?

“Il pluralismo ha a che fare con il concetto stesso di democrazia. Le migrazioni possono essere uno stimolo a conoscere. Il pluralismo presuppone allora di avere uno sguardo allargato, dove i punti di vista e le abitudini delle varie comunità – politiche, etniche, religiose, ecc – entrano in dialogo tra loro senza che vi sia una reductio ad unum”.

a cura di Micaela Bertoldi

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