La paga del prete

Nessuno si lamenta eppure chiunque con una paga di 1.200 euro fatica a sbarcare il lunario.

Lo stip 1.250,00 euro. L'importo è stabilito dall'Istituto diocesano per il sostentamento del clero che si occupa dei sacerdoti (diocesani e religiosi) che hanno un mandato vescovile garantendo una previdenza integrativa per i sacerdoti a riposo, e cioè senza uno specifico ruolo su mandato del vescovo, ricercando una metodologia perequativa. La cosiddetta “paga” viene calcolata in base all'importo delle pensioni maturate (64,31%), agli stipendi goduti (13,16%) e ad una quota erogata dalla parrocchia (22,53%). In media un parroco è tenuto a prestare la sua azione pastorale in 3 parrocchie. Ma ci sono dei sacerdoti che di parrocchie sulle proprie spalle ne hanno 6-7 ed uno addirittura una dozzina. Le parrocchie hanno avuto un leggero calo passando da 473 del 1967 con 351 parroci dei quali 6 religiosi, a 456 del 1998 e 317 parroci e 31 religiosi, alle 452 del 2013 con 153 sacerdoti diocesani e 10 religiosi. Il crollo del clero in attività e la crisi delle vocazioni con due sole ordinazione nel 2013 è evidente; l'invecchiamento pure. L'età media è di 65 anni: 17 sono i parroci (sacerdoti diocesani) con un'età fino a 35 anni, con un solo religioso in questa classe di età; 41 diocesani e 10 religiosi da 36 a 50 anni, 58 e 17 da 51 a 65 anni, 150 e 20, da 66 a 80 anni, 42 e 2 oltre gli 80 anni. Godono di pensione propria 82 sacerdoti. Tutti gli altri fruiscono del fondo dell'IDSC. Dopo l'entrata in vigore della Legge 222, i sacerdoti inseriti nel sistema erano 613, nel 2013 dei 414 viventi, 335 hanno beneficiato dell'8×1000, 70 della previdenza. La media dei decessi degli ultimi 10 anni è del 15,9%. Per la definizione del quantum viene seguito un criterio che si basa su una serie di punteggi che tiene conto degli anni e dei mandati, delle spese di affitto dell'abitazione, del numero delle parrocchie gestite, degli straordinari e dei ruoli rivestiti. Il costo sostenuto dall'Istituto per ogni sacerdote è di 9.586,00 euro all'anno. Era di 7.482,00 nel 2005. L'aumento è calcolato in base al trend Istat. Sono 17 i preti in possesso di attestato di laurea presso Università teologiche, 45 in università statali.

I dati sono contenuti nella relazione che accompagna il bilancio 2013, recentemente approvato dall'Istituto di sostentamento del clero di Trento (IDSC), presieduto da Gianni Benedetti e diretto da Vito Sandri. L'ente gestisce i fondi dell'8xmille, destinati dai privati cittadini, da società ed organismi vari alla Chiesa cattolica in base alla legge 222 del 20 maggio 1985, sottoscritta fra il Governo italiano e la Santa Sede. Dal 1990 i fondi raccolti hanno segnato un progressivo aumento, passando da 210 milioni di euro ad oltre un miliardo nel 2013. La crisi economica globale negli ultimi quattro anni, unita ad un diverso orientamento dei cittadini circa la destinazione della quota, che comunque non va ad incidere sulle tasse, segna un costante trend negativo passando da 1.067.000,00 euro del 2010 a 1.033.000,00 dello scorso anno. Il 40,8% della somma è destinato alle esigenze di culto e pastorale, con la seguente ripartizione: il 15,% a culto e pastorale, l'11,9% all'edilizia di culto, il 5,8% ad iniziative di rilievo nazionale e il 7,9% ai beni culturali. Agli interventi caritativi è riservato il 23,2% del fondo di cui il 12,1% per le opere di carità diocesane, l'8,2 per attività nel Terzo mondo e il 2,9% per interventi di rilievo nazionale. La quota riservata al sostentamento del clero è del 37,0%, tradotta in cifre per la diocesi significano 2.303.006,00. L'andamento storico percentuale, rispetto all'assegnazione del 8xmille segna una crescita per lo Stato che passa dal 7,60% del 2005 al 13,74% del 2010, una flessione per la Chiesa cattolica che dal 89,82 si porta al 82,01%, ad indici nettamente inferiori per le altre religioni: Avventisti (0,18-0,19), Assemblee di Dio (0,18-0,19), Chiese metodiste e valdesi (1,60-3,08), Evangelisti luterani (0,25-0,32) Comunità ebraiche (0,37-0,43).

E' con questi dati che dicono l'invecchiamento degli operatori pastorali che la comunità ecclesiale è chiamata a confrontarsi. L'avvicendamento del clero nelle parrocchie, nonostante la nuova prassi introdotta nel segno della partecipazione e dell'informazione, risente di tutto questo. C'è chi fatica a rendersi conto di una situazione mutata sostanzialmente che produce vuoti e costringe ad una diversa organizzazione che scompagina le secolari pretese di campanile con visioni di apertura e ad un diverso ruolo non solo dei preti, ma anche dei laici all'interno dell'Unità pastorali. Saranno sempre di più infatti le parrocchie assegnate ad un solo parroco.

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