Col vento (europeo) in poppa

Renzi al momento continua ad inanellare successi: perfino lo spocchioso “Financial Times” lo ha incoronato partner della Merkel nella ricostruzione dell’Europa. Il premier è accorto e continua a giocare le sue carte con abilità. Ha colto al volo quel che poteva significare ricoprire in Europa un ruolo da protagonista in funzione di una tenuta del suo progetto di riforma interno e lo ha dimostrato nel discorso tenuto al parlamento martedì 24 giugno annunciando il programma del semestre UE a presidenza italiana (a guida italiana sarebbe dire troppo).

Il suo discorso è stato abile, ma non si è limitato a fare della buona retorica. Certo, da quel comunicatore che è, non ha resistito ad alcune battute facili, tipo il rilievo che l’Europa ti prescrive per filo e per segno come si pesca il tonno, ma poi non riesce a legiferare seriamente in tema di immigrazione. Ha anche strizzato l’occhio ai sentimenti ostili verso la politica della UE quando ha detto: cambiate le regole o tenetevi la vostra moneta.

Con un paio di passaggi critici sulla moneta comune Renzi ha sottolineato la sua differenza con la scuola Prodi-Letta, che sin qui ne aveva invece esaltate tutte le virtù, ma ha anche abilmente lanciato un piccolo avvertimento ai membri del club di Francoforte: attenzione, se non ci sostenete, possiamo passare nel partito anti-euro (“non basta una moneta comune per condividere un destino”…). Non nel senso di una uscita dall’euro, che sarebbe una follia, ma nel senso di mettersi di traverso su una serie di politiche economiche poco lungimiranti. A Berlino sembra abbiano già capito l’antifona, perché fanno buon viso a cattivo gioco: Renzi, col suo successo elettorale che stabilizza l’Italia, è una pedina preziosa che non va sciupata viste le prove impegnative che attendono la UE.

Il premier, in clima di campionati mondiali di calcio, ha anche accarezzato l’orgoglio nazionale, ricordando che all’Europa l’Italia in passato ha dato il contributo di una “generazione di giganti”, e incitando ad esprimere una classe dirigente che sia capace di quell’impegno per cui “l’Europa civilizza la globalizzazione”.

Tuttavia il fulcro del suo discorso è stato chiaramente dedicato ad un messaggio sulla crisi italiana. Il primo passo, rivoluzionario, è stato l’annuncio di una nuova cronologia. Ha affermato che per portare a termine con successo il programma di riorganizzazione del sistema-Italia sono necessari mille giorni, ed ha anche specificato le date entro cui essi correranno: 1 settembre 2014-28 maggio 2017. E’ una novità importante, perché sino ad ora Renzi era stato accusato, non sempre senza fondamento, di essere un frettoloso. Evidentemente ha recepito i suggerimenti di chi lo avvertiva che un grande progetto riformatore non si realizza in pochi mesi.

In questo modo ha però anche chiarito quale sia il quadro politico in cui ci si muoverà: quello dell’attuale parlamento, che però è messo sull’avviso. Spieghiamoci. Renzi ha detto che è al governo non sulla base di un voto popolare, ma della fiducia parlamentare, dunque le Camere, se vogliono, possono mandarlo a casa in qualunque momento. Attenzione però: se lo facessero, si assumerebbero l’onere di chiamare il paese ad elezioni anticipate su un tema quasi referendario, cioè sulla fiducia o meno al premier che in mille giorni avrebbe cambiato l’Italia, solo che glielo avessero permesso. Siccome poi, parole sue, l’Italia sta uscendo dalla depressione psicologica, ma non ancora dalla crisi economica, chi lo sfida si prende la responsabilità di avere interrotto il processo positivo di uscita dalla depressione, per peggiorare per di più la crisi economica.

Come si capisce non sono parole al vento, ma il richiamo ai parlamentari a riflettere bene su come possano uscire da una contesa elettorale che si apra su questi presupposti. Ovviamente il richiamo può essere meno efficace verso i partiti piccoli e quelli marginali (Lega e M5S) che da soli non possono far cadere il governo. E’ pressante invece su FI che è in una situazione disastrosa e sui “cespugli” della attuale coalizione: questi rischierebbero di uscire massacrati da elezioni anticipate. Lo stesso dicasi per quelle frange del PD che non hanno dismesso la tentazione di mettere i bastoni fra le ruote del premier.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina