Se il concime non fa bene…

La concimazione moderna riduce la biodiversità del fondovalle. Si discute sul problema delle api e delle sostanze volatili emesse nell’aria. E resta l'ipotesi biodigestore

La concimazione è un'azione antica che le nuove tecnologie esasperano creando problemi e lamentele. E non è solo una questione di puzza. Un tempo ogni stalla accumulava gli escrementi degli animali in letamai, situati anche vicino alle case. Qui lo stallatico “maturava”. Una complessa serie di reazioni chimiche riduceva l’acidità e le emissioni di sostanze irritanti nell’atmosfera. In primavera il concime veniva trasportato e sparso nei terreni. L’operazione era capillare e riguardava orti, campi e prati, anche quelli che si raggiungevano con difficoltà.

Oggi tutto è cambiato. L’attività di allevamento è concentrata in poche stalle con molti capi di bestiame. Le deiezioni vengono asportate meccanicamente, conservate in cisterne da dove vengono poi aspirate (si parla di liquiletame) e sparse abbondantemente solo nei terreni pianeggianti su cui è possibile operare con mezzi meccanici. Questa procedura ha un impatto sulla vegetazione con riduzione di biodiversità. In pratica la concimazione attuale ha una funzione di selezione sulla varietà delle specie vegetali. L’alta acidità del liquiletame seleziona piante resistenti e riduce le altre specie. Chi ha l’occhio allenato nota che i fiori, l’insegna multicolore della primavera, sono radi nei prati di fondovalle. E poiché le api si cibano di polline si comprende la diminuzione dei preziosi insetti.

A farsi carico del problema delle api è uno “storico” apicultore di Moena, Dario Sommavilla, costretto a spostare continuamente le arnie in zone diverse, dalla Vallagarina ai pascoli di alta montagna, per far prosperare le api e il relativo raccolto di miele. “Le tecniche moderne di concimazioni delle grandi stalle moderne – spiega Sommavilla – hanno ridotto fortemente la biodiversità dei prati. Una volta, in primavera, il fondovalle era un arcobaleno di colori che indicava la presenza di una ricca varietà di fiori. Oggi predomina il sedano dei prati conosciuto anche con il nome di panace, pianta indicatrice della forte presenza di Azoto. Le api incontrano molta difficoltà a vivere in un ambiente vegetale così modificato”.

Poi c’è il problema della “puzza” e non è solo un problema olfattivo. E’ un aspetto spesso discusso ma mai chiarito, legato alle sostanze volatili emesse nell’aria con la concimazione moderna. L’inalazione assidua di ammoniaca, nitriti, nitrati, indolo, scatolo e putrescina, per alcuni studiosi, può creare problemi a persone affette da particolari patologie e agli stessi allevatori. Filippo Rasom, titolare di un agritur di Vigo di Fassa, spiega con precisione i problemi che il contadino moderno incontra. “Oggi l’allevamento si concentra in stalle di dimensioni maggiori rispetto al passato, mentre si sono ridotte le aree di fondovalle dove sfalciare. Tenendo conto delle limitazioni che i contadini hanno nella concimazione (centri abitati, lontano dalle strade e dai corsi d’acqua), la distribuzione del liquiletame si concentra nelle zone pianeggianti con riduzione della varietà botaniche presenti nei prati. L’aggiunta al letame di farina di roccia, ventilata da più parti, non risolve il problema. Crescono notevolmente i costi in cambio di un lieve miglioramento. La costruzione di un biodigestore in Fassa, come in Fiemme potrebbe essere una soluzione valida. Si ridurrebbe l’impatto della concimazione e si avrebbe una fonte di energia rinnovabile”. In Fiemme da anni si discute della realizzazione di un impianto simile, ma per ora senza alcun risultato.

vitaTrentina

Lascia una recensione

avatar
  Subscribe  
Notificami
vitaTrentina

I nostri eventi

vitaTrentina