I Mondiali dall’Alto Adige allo Zio Bergomi

A come Alto Adige che a fine maggio (come nel 1990) aveva ospitato il ritiro dei campioni della nazionale tedesca. E anche questa volta ha portato fortuna.

B come “bailado”. Il calcio spumeggiante e spettacolare da sempre associato alla nazionale brasiliana. Ma che al mondiale, Neymar e compagni non sono stati capaci di esprimere.

C come Cristo Redentor. La statua che domina Rio de Janeiro per una notte si è tinta dei colori della bandiera tedesca

D come denti. Quelli di Suarez sulla spalla di Chiellini.

E come elezioni in Brasile, il prossimo 5 ottobre. Inciderà – e casomai quanto – il fallimento della Selecao sulla corsa verso il rinnovo alla presidente Dilma Rousseff?

F come favelas e i violenti scontri tra polizia e abitanti durante gli sgomberi nei mesi che hanno preceduto l’inizio del Mondiale.

G come Gary Lineker, ex nazionale inglese e il suo celeberrimo detto che ha accompagnato la cavalcata tedesca: “Il calcio è un gioco semplice: 22 uomini rincorrono un pallone per 90 minuti, e alla fine la Germania vince”.

H come “hexacampeao”, ovvero sei volte campione. Il sogno (sfumato) dei brasiliani di cucirsi in casa la sesta stella sul petto.

I come Italia – Inghilterra 2-1: l’unica vittoria mondiale della fallimentare spedizione azzurra.

J come James Rodriguez. In Brasile è nata una stella. Sei gol e due assist (in cinque gare giocate) per il talento colombiano del Monaco, capocannoniere del mondiale carioca.

K come Klose e Krul. Il bomber tedesco, 36 anni, è il calciatore che ha segnato più gol mondiali (16): due le reti brasiliane che gli hanno permesso di superare Ronaldo in vetta alla classifica. Il portiere olandese, 26 anni, ha vissuto la sua “notte da leone” contro il Costa Rica; entrato al 120° al posto del titolare Cillessen, para due rigori e porta l’Olanda in semifinale.

L come Löw, commissario tecnico della Germania, prima squadra europea a vincere un Mondiale in Sud America.

M come Müller e Maradona. Ovvero la rivincita del “raccattapalle”; così durante una conferenza stampa del mondiale sudafricano, il Pibe de Oro, allora tecnico dell’Argentina, aveva apostrofato il calciatore tedesco.

N come Neymar. Il giovane fuoriclasse del Barcellona sognava di alzare la coppa davanti alla sua gente. Il suo mondiale è finito nel peggiore dei modi, tra le lacrime, con una vertebra rotta, a pochi minuti dal termine della gara contro la Colombia.

O come Oscar. Del fantasista del Chelsea l’unica rete nella storica semifinale Germania – Brasile, terminata 7-1 per i neo campioni del mondo.

P come “Pura vida”, lo spirito che caratterizza il Costa Rica e che ha accompagnato la squadra rivelazione del torneo fino ai quarti di finale.

Q come quattro, le coppe vinte dalla Germania. Quella brasiliana, però, è la prima vittoria mondiale dopo l’unificazione.

R come rivincita (mancata). La finale 2014 ha ricalcato quella di Italia 90. Anche questa volta però hanno vinto i tedeschi.

S come Supermario. Non Balotelli ma Götze, autore del gol che ha deciso la finale del Maracanà.

T come terna arbitrale. Quella italiana, composta da Rizzoli e dai guardalinee Faverani e Stefani ha diretto magistralmente la finale.

U come undici metri e le quattro sfide della fase finale decise dal dischetto.

V come Vaticano e i “derby” mondiali: Argentina – Svizzera agli ottavi, poi la finalissima Argentina – Germania, simpaticamente sintetizzata dalla vignetta di Paolo Delvaglio.

W come Weltmeister, “campionissimi” … alla tedesca.

X come Xabi Alonso e Xavi, che avrebbero voluto sicuramente dare il loro addio alla “Roja”, in ben altro modo.

Y come Yepes e il suo discorso alla Al Pacino per caricare i compagni prima di Colombia – Uruguay.

Z come Zio Bergomi e Fabio Caressa. Quanto ci sembra lontano quel “Campioni del mondo!” urlato quattro volte all’Olympiastadion di Berlino, in una magica notte d’estate?

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