La vecchia sequoia delle Terme

L’opera della scultrice americana-olandese Mari Shields si fa ammirare nel Parco asburgico

LEVICO TERME In Trentino l’amore per la natura si respira dovunque. Anche, e soprattutto in Valsugana dove, all’interno del parco delle Terme di Levico, la morte di una grande pianta si è trasformata in una vera e propria opere d’arte. Per oltre 130 anni, ben 135 per l’esattezza, era presenta una sequoia gigante, morta per stress idrico e malattia. Di solito, quando una pianta muore la si taglia ma questa secolare e monumentale sequoia è “rinata” grazie all’installazione firmata dalla scultrice americana-olandese Mari Shields.

L’originale idea è stata fortemente voluta dall’allora Servizio Conservazione della Natura e Valorizzazione Ambientale della Provincia di Trento che da anni gestisce e cura il parco asburgico. E’ il più grande del Trentino, esteso su un’area verde di 14 ettari accessibili tutto l’anno. E tra le oltre cento piante provenienti da ogni continente, la più esotica era proprio lei, la sequoia gigante (Sequoiadendron giganteum) portata a Levico e in Valsugana da Georg Ziehl, il giardiniere di rango giunto da Norimberga che nel 1898 iniziò la trasformazione di quei 14 ettari di campagna in un parco.

Sono 125 le specie arboree presenti, 76 alberi e 335 le piante catalogate. La vecchia sequoia non c’è più, resiste ancora il massiccio faggio rosso (Fagus sylvatica purpurea), così come i maestosi esemplari autoctoni di pino stroibo. Ed ancora l’abete del Caucaso, l’orientale ed il rosso. Il Ginko, la Liquidambar Styraciflua, il pino di Coulter, il pino himalaiano e tanti altri ancora. Ma la sequoia è morta per stress idrico e malattia.

Alta quasi 35 metri e con una circonferenza alla base di 9 metri, da sempre accoglieva i visitatori all’ingresso. Una presenza importante nel parco che, grazie alla collaborazione di Arte Sella – la Biennale di Arte Contemporanea nella natura da anni presente a Borgo ed a malga Costa – è tornata a nuova vita. Ci ha pensato l’artista americana e olandese Mari Shields. La pianta è stata tagliata in sedici pezzi, poi lavorati e riposizionati a semicerchio attorno alla base, che è rimasta ancorata al terreno ed è stata “bucata” da una finestra che invita allo sguardo dentro ed attraverso la pianta.

L’opera ha richiesto due settimane di lavoro: anche se non assomiglia all’albero da cui è stata ricavata, lo ricorda mostrandone la sua “anima” interna. Si tratta di una installazione naturale che oggi ospita, soprattutto in estate, eventi culturali e concerti. Una grande pianta che, anche dopo la morte, torna a rivivere. E lo fa con carattere e quell'espressività che, spesso, supera in qualità anche le migliori sculture artistiche.

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