Le radici di Dio

Per la tradizione cristiana solo una “pianta” è in grado di esprimere in pienezza la bellezza della relazione tra Dio e l’umanità: l’albero della croce. Verità di un Dio che “ha messo radici” nella condizione umana.

Gesù utilizza le immagini della vite e del fico per far crescere nei suoi interlocutori l’urgenza di migliorare i propri atteggiamenti

Sono due le piante che l’Antico Testamento mette insieme per riuscire a comunicare l’esperienza di pace assicurata al popolo da un buon re: la vite e il fico («Giuda e Israele erano al sicuro; ognuno stava sotto la propria vite e sotto il proprio fico», 1Re 5,5).

Tale esperienza di sicurezza non va vissuta come una fuga dalle proprie responsabilità. A tal proposito, è interessante notare come Gesù utilizzi le due stesse piante per far crescere nei suoi interlocutori l’urgenza di migliorare i propri atteggiamenti.

Gesù racconta la parabola di un fico piantato in mezzo a delle viti. Nonostante sia stato piantato in un terreno fertile come quello delle vigne, il fico non dà alcun frutto e perciò il padrone lo vuole tagliare: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”» (Lc 13,6-9).

A dispetto del fatto che già da «tre anni» il fico sia infruttifero, esso riceve un trattamento insperato: grazie all’intervento del «vignaiolo» (figura meravigliosa di Gesù, che nei tre anni della sua vita pubblica ha invitato gli uomini a convertirsi e a produrre frutti di vita nuova) il fico sarà vangato e concimato nella speranza di dare frutto.

Con la scarsità di fertilizzanti che c’era in quell’epoca, soltanto le vigne venivano concimate; di certo non i fichi (che in genere, comunque, crescono e fruttificano in terreni poveri e rocciosi: è questo un elemento in più per apprezzare la straordinarietà dell’amore del vignaiolo per questo fico). Il Vangelo riesce a comunicare come la pazienza di Dio sia capace di offrire una nuova possibilità di vita, quando la sorte di quella pianta (o, forse, la nostra?) sembra, invece, già segnata. Similmente il tempo che ci è dato di vivere è tempo di misericordia, di pazienza da parte di Dio, anche quando… non diamo frutti.

Sarebbe veramente da irresponsabili abusare della pazienza di Dio, perché il tempo si è “concentrato”: «ancora quest’anno». Questa immagine, anziché spaventare, desidera stimolare ogni lettore della Bibbia a riscoprire l’urgenza di mettere mano alla riforma dei propri atteggiamenti, verificando le inclinazioni del nostro cuore, nella consolazione di sapere che c’è un vignaiolo che, oltre a dedicarsi alla vigna, si prenderà del tempo anche per zappare intorno alla nostra vita quotidiana, la quale spesso è come quella pianta di fico: incapace di dare frutti.

Per la tradizione cristiana solo una “pianta” è in grado di esprimere in pienezza la bellezza della relazione tra Dio e l’umanità: l’albero della croce. Verità di un Dio che “ha messo radici” nella condizione umana, presenza umile in mezzo agli uomini; braccia spalancate, come “rami”, che offrono il dono della vita che fa vivere gli altri; parole belle come “foglie rivolte verso il cielo”, sotto la cui ombra proteggere e accogliere la fragilità di tutta l’umanità («Padre, perdona loro…» Lc 23,34).

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