Myanmar, porte aperte

Opportunità di investimento nel Paese faticosamente avviato verso la democrazia. La "Italian Products Expo", promossa dalla trentina Prometeo, vetrina del Made in Italy

Pollice alzato per il positivo rilascio di centinaia di prigionieri di coscienza e per i progressi nella pacificazione del Paese. Pollice giù invece per le violazioni dei diritti umani ancora commesse dalle forze di sicurezza, tra cui uccisioni illegali, uso eccessivo della forza, arresti arbitrari, tortura e altri maltrattamenti: nel suo rapporto sulla situazione dei diritti umani nel mondo nel 2013, Amnesty International evidenzia luci ed ombre nel cammino intrapreso da Myanmar (ex Birmania) per tornare a pieno titolo nel consesso civile.

Le riforme politiche, giuridiche ed economiche avviate negli ultimi anni, sotto la spinta anche delle pressioni internazionali e dell’embargo economico, hanno cominciato a produrre effetto. La comunità internazionale è impegnata a stabilire rapporti sempre più solidi con il Paese, dove nel 2015 si svolgeranno le elezioni presidenziali.

La revoca dell'embargo quasi ventennale decisa dal Consiglio dell'Unione Europea nel marzo dello scorso anno (ad esclusione delle armi e dei materiali che potrebbero essere usati per la repressione interna) va nella direzione di incoraggiare il cammino verso la democrazia e apre le porte a scambi commerciali che si profilano interessanti. Myanmar è il primo produttore mondiale di teck e possiede grandi quantità di risorse naturali come rame, nickel, bauxite, gomma naturale, pietre preziose. Può sfruttare la sua vicinanza alla Cina, all'India e agli altri Stati del Sud-Est Asiatico. E la nuova legge sulle Zone Economiche Speciali (ZES) offre agli investitori – sia nazionali sia stranieri – esenzioni fiscali per sette anni (otto per le imprese edili). L'accesso al credito è ancora imperfetto, ma si sta sviluppando e il governo – che sta cercando di andare verso un'economia di mercato – incoraggia le banche straniere ad aprire filiali in loco.

Per le imprese italiane che vogliano investire in questo Paese un’interessante opportunità è rappresentata dalla prima “Italian Products Expo” che si svolgerà al Tatmtaw Center di Yangon, il principale centro fieristico del Paese, dal 7 al 10 agosto prossimi.

La fiera è promossa dalla società trentina Prometeo che opera da molti anni nel Sud Est asiatico in partnership con Sinergie Marketing e con Yandayar Trading e Care Freight Services in Myanmar. L'obiettivo è far conoscere le eccellenze del "Made in Italy" nei mercati asiatici emergenti. In questo senso l'appuntamento rappresenta un'opportunità interessante per entrare in un mercato che, con la fine dell'embargo, è in espansione in molteplici settori: dall'agricoltura al settore sanitario, dal turismo ai generi di consumo. A Yangon, accanto alle più importanti imprese italiane quali Eni, New Hollande, Promex, ci sarà un bel gruppo di aziende trentine: Menz &Gasser, Cavit, Zobel, Metalife, Sottobosco Paoli, Cogi, Mec, Aldebra, solo per citarne alcune.

“Per esperienza posso dire che le relazioni imprenditoriali con la popolazione birmana sono molto facili; dando continuità ai rapporti e ai contatti internazionali i risultati arrivano”, assicura Paolo Bridi, amministratore delegato di Prometeo, aggiungendo che con la fine dell’embargo la situazione è cambiata: “Il mercato di Myanmar ha iniziato ad aprirsi nell’ultimo anno e i progressi hanno un ritmo asiatico. Molti problemi che frenavano le nostre imprese nel passato (procedure in dogana, pagamenti, logistica, ricerca di rappresentanti e importatori locali) ormai possono essere superati con relativa facilità. E per i nostri prodotti c’è una domanda fortissima”. Nel periodo della fiera verranno organizzati per tutti gli espositori incontri con gli operatori economici del posto, grazie alla collaborazione dell’associazione locale degli imprenditori che raggruppa soggetti sia privati sia pubblici. Resta sempre valido l’auspicio espresso in occasione della missione UE nel Paese (novembre 2013) dalla leader della Lega Nazionale per la Democrazia, Aung San Suu Kyi, che gli investimenti siano “responsabili” e utili per lo sviluppo di Myanmar “e del suo popolo”. Vale a dire: ben vengano gli investitori stranieri, ma non trascurino la situazione dei diritti umani nel Paese.

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