La montagna raccontata

Proseguono le iniziative della rassegna “Sui passi dei grandi pionieri”

La storia culturale delle Alpi è argomento di particolare interesse, in quanto si è sviluppata negli ultimi duecento anni fornendo moltissimi spunti e motivi ispiratori. Tra gli eventi che ci stimolano in queste riflessioni c’è l’ampia rassegna internazionale “Sui passi dei grandi pionieri”, organizzata dal comune di Carisolo, dalla sua Pro Loco e dalla Fondazione “Maria Pernici – Antica Vetreria”. La rassegna, iniziata a metà luglio e che proseguirà fino al 19 settembre nelle località di Carisolo e Madonna di Campiglio, vuole celebrare la conquista, avvenuta centocinquant’anni fa, tra il luglio e il settembre 1864, delle cime delle Dolomiti di Brenta, scalate da John Ball, della Presanella (la più alta montagna del Trentino, 3558 metri, conquistata da D.W. Freshfield) e dell’Adamello, scalato dal boemo Julius von Payer.

Ricco il programma proposto con interventi, tra gli altri, di Franz Berger, docente all’Università di Francoforte, del Maestro muranese del vetro Silvano Signoretto, dello storico della montagna Annibale Salsa e di Franco De Battaglia. Sabato 23 sarà la volta di Mick Fowler, recente presidente dell’Alpine Club di Londra (per infos, www.prolococarisolo.it).

Ma quali sono state le tappe principali dello sviluppo culturale – e di lì a poco turistico – che ha coinvolto le Dolomiti trentine e il territorio alpino dall’Ottocento in poi? Un primo approccio al turismo, benché elitario, lo troviamo nel “Grand Tour”, il viaggio che i rampolli delle famiglie aristocratiche dell’Europa del Nord compivano nel Settecento e nell’Ottocento e che coinvolgeva in genere l’Italia. La maestosa bellezza delle nostre Alpi fu lodata, tra gli altri, da Goethe nel suo Viaggio in Italia del 1786 e da poeti romantici quali Lord Byron e Percy Shelley.

Venne poi la magica estate del 1864, quando la conquista delle tre vette sopra citate fu opera di pionieri giunti in Trentino con intenti essenzialmente conoscitivi, geografici, naturalistici, di conoscenza antropologica. La loro scoperta di queste fasce alpine, considerate fino ad allora inutili perché non produttive, aprì la strada al successivo arrivo del turismo nelle valli del Trentino.

Un turismo che già si stava espandendo in altri territori alpini, soprattutto in Svizzera, e si era esteso al ceto medio con volontà di ascesa sociale: portando profitti, ma anche i pericoli della massificazione e dello snaturamento del territorio, descritti da Antonio Fogazzaro nel suo Diario di viaggio in Svizzera del 1868; e ancor più da Alphonse Daudet che, in Tartarino sulle Alpi (1885), scriveva: “Ce ne volevano di soldi per affittare, dipingere e guarnire tutto questo territorio, laghi, foreste, montagne e cascate; mantenere un esercito di impiegati, di comparse e installare sulle vette più alte alberghi fantastici, con gas e telefoni….si inoltri un po' nel paese: non troverà nemmeno un posticino che non sia artefatto”. Altri tempi, ma problematiche non dissimili a quelle dei giorni nostri.

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