L’esodo scout

Con la Route nazionale di San Rossore l'Agesci si apre verso l'esterno, rilanciando l'impegno dei suoi giovani nella società, nella politica e nella chiesa. Da camminatori e sentinelle

Nelle ultime settimane i media nazionali e locali hanno dato grande visibilità agli scout dell’Agesci e alla loro Route nazionale, a cui hanno partecipato 30mila giovani da tutta Italia, tra cui anche 400 trentini.

Le cronache hanno raccontato come, con questa Route, gli scout siano “usciti allo scoperto”, proponendosi come protagonisti attivi della vita sociale, politica ed ecclesiale del Paese. L’hanno fatto con la Carta del coraggio, un documento rivoluzionario per l’Associazione, scritto a sessantamila mani non dai capi ma dai rover e dalle scolte (17-21 anni), che racconta in fin dei conti il fine ultimo dell’azione educativa dell’Agesci: formare uomini e donne significativi, che si sentono responsabili verso se stessi e gli altri, capaci di scegliere e pronti a servire… nello scoutismo o altrove.

La Route stessa, prima ancora che finestra sull'esterno, è stata un potente strumento educativo, capace di ricamare un legame forte tra la dimensione personale e quella comunitaria. Da una parte ha segnato il passo nella storia di ciascun rover e ciascuna scolta (non c’è cambiamento che non passi prima di tutto per il cambiamento di se stessi); al contempo, ha mostrato loro la consapevolezza spiazzante di non essere soli, la bellezza di essere in tanti per condividere il sogno. La Route nazionale non è stata solo un evento, un mega-raduno, ma un incontro, un riconoscersi come “popolo in esodo verso l’esterno”, in cui tutti si sentono mandati a costruire qualcosa di buono e di bello (la “città nuova”) nel territorio dove vivono. Trovarsi nell’”arena del futuro” regalava un colpo d’occhio che toglieva il fiato. Lo stupore dei ragazzi si faceva grido e battito di mani: “Tut-ti insie-me fa-mo pa-u-ra!”. Un coro da stadio che spesso in plenaria coinvolgeva in pochi istanti i 30mila, espressione dell'euforia del momento ma anche della meraviglia nel rendersi conto che “allora non sono solo io che ci credo”, dell'“orgoglio di sentirsi parte di un progetto comune”, tutti uniti da un impegno per cui vale la pena compromettersi, come ha ricordato loro il cardinal Bagnasco nell’omelia della Messa conclusiva. E lo stupore lasciava il posto ad una speranza consapevole.

Tutti insieme famo paura, che è come dire, tutti insieme abbiamo molto più coraggio. Il coraggio, tema della Route su cui i ragazzi hanno lavorato per un anno, come assunzione della responsabilità del cambiamento che si vuole realizzare. La Carta del coraggio come voce di questo impegno, da consegnare, prima che al premier Renzi e al cardinal Bagnasco, ai vescovi delle tante città, ai presidenti provinciali e regionali, ai parroci delle singole parrocchie, ai sindaci.

Ecco il valore aggiunto della Route nazionale, pensata, preparata e vissuta perché godessero del suo riflesso non solo l’Agesci, ma la società civile e il mondo cattolico. Un intento non più verificabile dall’eco mediatica, perché da adesso non sentiremo più parlare di questi 30000 scout sulle pagine dei giornali. Forse li riconosceremo, invece, impegnati nelle circoscrizioni, nelle scuole, nei quartieri, nelle parrocchie. Perché prima che scout, quei giovani sono 30000 cittadini, ora più consapevoli che la politica li riguarda e li chiama in causa; sono 30000 cristiani che hanno il coraggio di immaginare la Chiesa che vorrebbero e che sono pronti a lavorare per il suo rinnovamento.

Lo scautismo porta già nel suo metodo il segno della “novità”: in un’epoca in cui l’uomo sembra avere successo solo se si adegua alle logiche dell’individualismo, del consumismo, dell’esibizionismo della propria immagine, del tutto-e-subito e delle emozioni facili, il metodo educativo scout si fonda sulla vita comunitaria e il servizio, sull’essenzialità, sulla costruzione di sé con pazienza e fatica, sulla progettualità, la fedeltà, la spiritualità. Dopo l’esperienza di San Rossore l’Agesci lascia altri interessanti spunti a cui altri possono ispirarsi: la fiducia intergenerazionale e il protagonismo dei giovani; il coraggio di promuovere un senso di appartenenza, più che all'associazione stessa, all’umanità intera; la vocazione alla felicità come origine dell’impegno per il bene comune; lo stare al mondo da “camminatori” e “sentinelle”.

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