Grazie, don Remo

Don Vanzetta sta per lasciare la parrocchia di Pergine dopo 19 anni di attività pastorale: domenica 28 settembre un incontro con tutta la popolazione

“Grazie, don Remo”: con questa semplice ma sentita frase sotto la foto dell'arrivo di don Remo Vanzetta a Pergine nel 1995, la rivista del decanato di Pergine “Comunità e Missione”, in distribuzione in questi giorni nelle oltre 6.000 famiglie del decanato, esprime a nome di tutta la comunità il profondo sentimento di apprezzamento per l'opera da lui svolta in tutti i campi nel corso dei 19 anni di sua permanenza come parroco ma anche come decano. Era arrivato il 3 settembre 1995, prendendo possesso della parrocchia dalle mani di don Giuseppe Zadra, suo predecessore e poi vicario vescovile.

“Quando sono entrato in Seminario sognavo di diventar parroco, non prete”, ci dice don Remo, che lascerà definitivamente la parrocchia di Pergine, per diventare collaboratore pastorale a Rovereto, domenica 12 ottobre in occasione dell'arrivo del suo sostituto, don Antonio Brugnara, già cappellano nel capoluogo valsuganotto negli anni '80. “In realtà mi sono ritrovato parroco solo a 57 anni, a 32 anni dall'Ordinazione. Se posso fare un confronto con il servizio precedente, mi son sentito a casa più qui che non in seminario o in curia: c’è una differenza tra la casa e l’ufficio, tra la casa e la scuola. Dopo 18 anni di parrocchia, al compimento del 50° anno di Ordinazione e al 75° anno di età – cioè l’anno scorso -, quasi in contemporanea con Benedetto – non si offende – ho consegnato la lettera di dimissioni come prevede la legge canonica: disposto ad andare come a restare. Mi sentivo davvero libero, anche se con una punta di nostalgia e di dispiacere”.

Dopo la proroga di un anno è arrivata dal Vescovo la nomina di don Antonio Brugnara come suo successore e la sua destinazione a Rovereto, come collaboratore pastorale. Quali sentimenti prova?

“I sentimenti ora sono come quelli di un anno fa: avrei voluto avere tempi supplementari per portare a termine qualche lavoro, per fare quello che non avevo ancora fatto o quello che avrei dovuto fare. Ma mi sono messo il cuore in pace: di cose da finire – come l’organo della chiesa – o di interventi urgenti da fare – come sul tetto della canonica e della monegarìa – ce ne saranno sempre; e anche peccati di omissione da confessare. E poi c’è chi pianta e chi irriga e chi miete; e uno gode del lavoro dell’altro e porta avanti il lavoro di un altro. Soprattutto: è Dio che fa crescere; e il seme germoglia e cresce da sé anche di notte, anche all’insaputa del contadino. Il campo che il 3 settembre del ’95 don Giuseppe mi aveva dato da coltivare era la parrocchia di Pergine – ogni parrocchia del decanato aveva allora il proprio parroco – e a poco a poco il campo si è allargato alle parrocchie di Masetti, Zivignago, Ischia, Costasavina, Roncogno e Susà. Ebbene mano a mano che il lavoro cresceva, mi si faceva sempre più evidente la presenza del Signore. Di fatto crescevano le collaborazioni e le disponibilità della gente, qui e nei vari paesi. Uno dei segni delle sorprese dello Spirito erano proprio le persone che mi dicevano: io ci sono. Tutto è possibile con Dio e la bona zent”.

E di opere in questo periodo, al di là dell'intensa attività pastorale, ne sono state realizzate tante. La più importante sicuramente, dopo l'intervento alla chiesetta di San Carlo, il restauro della chiesa di S. Maria, il più consistente dopo cinque secoli dalla costruzione: quattro anni di studi progettuali e altrettanti di lavori, con una spesa di quasi 4 milioni di euro. E poi l'ampliamento della Provvidenza in corso ed altro, resi possibili grazie alla collaborazione di tante persone. Ha un messaggio per loro?

“In attesa del 12 ottobre quando vorrei fare un’unica festa di consegna e riconsegna del testimone, di arrivo e di partenza tra me e don Antonio, invito quanti in questi anni in qualunque ruolo hanno contribuito alla costruzione e alla ricostruzione della nostra comunità ad un’assemblea prevista per il pomeriggio di domenica 28 settembre. Guarderemo indietro al cammino percorso insieme, incoraggiandoci reciprocamente a nuove mete: è solo una tappa il cambio di un parroco, non è la fine del giro!”.

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