Etiopia, spighe di speranza

Il governo scommette sul teff, un toccasana per una popolazione da sempre carente dal punto di vista della nutrizione

Sono trascorsi, si spera definitivamente, i tempi – non lontani, appena tre anni fa – in cui in Etiopia imperversava ciclicamente la carestia, frutto ad un tempo della siccità e di una politica agricola miope e asservita, che colpiva milioni di persone falcidiando migliaia di vittime tra le fasce sociali più deboli e sguarnite da un minimo di protezione sociale.

Oggi l’Etiopia mostra un altro volto. Non che il cambio sia repentino e riguardi tutti. Ma è una prospettiva che indica una strada da percorrere. Non che sia debellata la povertà, ma forse la miseria più nera comincia ad essere sconfitta. Un lavoro di lunga lena e di medio periodo che però vede l’attuale leadership etiope guidata dal presidente Hailemariam Desalegn ben convinta di potercela fare.

Il grimaldello che può segnare la svolta – auspicata e più volte andata delusa – si chiama teff (o tef), non solo, ovviamente. Si tratta di un cereale ad alto contenuto nutritivo ricco di calcio, ferro, proteine e amminoacidi. Un toccasana per una popolazione da sempre carente dal punto di vista della nutrizione. Ecco che allora il governo etiope ha messo in piedi una National Tef Working Strategy per moltiplicare la produzione di questo prezioso cereale. Questo obiettivo di medio periodo ovviamente comporta una serie di azioni che vanno dall’aumento dei terreni coltivabili, alla meccanizzazione agricola in un territorio dove l’agricoltura è ancora basata essenzialmente sull’apporto del lavoro delle braccia contadine, fino ad azioni di vera e propria educazione alimentare per far conoscere meglio il teff e le sue potenzialità nutritive.

Amici etiopi residenti ormai da tanti anni in Italia ci spiegano che occorre stare attenti: non tutto è oro quel che luccica! Il teff – osservano – è un cereale molto fragile e delicato. Le spighe sono sottilissime e devono essere raccolte a mano, con molta attenzione e altrettanta pazienza, altrimenti il meglio dei semi cade e va perduto. E allora come la mettiamo con le coltivazioni estensive, con l’uso dei macchinari e – in genere – aprendo ai mercati esteri le cui aziende mirano al massimo raccolto nel minor tempo possibile? Il governo dovrà fare delle scelte cercando una quadratura del cerchio tra le diverse esigenze e interessi, non sottovalutando gli investimenti stranieri, tenendo alta però la bandiera del diritto primario della propria popolazione ad avere da mangiare a sufficienza, quello che si chiama diritto al cibo.

Non c’è dubbio che cinesi e indiani stiano facendo arrivare massicci flussi di denaro e che molti etiopi conoscano per la prima volta il lavoro salariato sebbene salario molto basso, ai limiti della sopravvivenza. Ma per molti è un affacciarsi a una diversa possibilità di vita, disponendo di un minimo di denaro che per la prima volta forse oltrepassa i limiti della mera sussistenza. Purché il governo metta in atto anche politiche positive di redistribuzione della ricchezza nazionale nel senso di una lotta alle più stridenti diseguaglianze.

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