“Più rete in strada”. I nodi? Le persone

Non parliamone ancora una volta come “emergenza freddo” (e nelle altre stagioni?). Non facciamone una questione quantitativa di “posti letto disponibili”, perchè bisogna saper guardare dentro le storie delle persone. E soprattutto, non continuiamo a dire che “la strada è una scelta di vita, perchè non è vero. Spesso è una condizione imposta da mancanza di lavoro o di relazioni”, come precisa in apertura padre Alberto Remondini, presidente di Villa Sant'Ignazio. La Cooperativa, assieme al Centro Astalli e alla sorella coop. “Samuele” ha invitato venerdì scorso per un confronto (a seguire, un ottimo buffet etnogastronomico) tutte le sigle trentine che operano “in strada”, proponendosi di evitare retorica e luoghi comuni come quelli evocati sopra per districare invece paure e valori che questa complessa condizione porta con sé.

Dalla voce di operatori, volontari e persone uscite dal disagio (più d'una ha vinto la paura di esprimersi in un ambiente accogliente) è uscita rafforzata l'idea che per saper incontrare le persone finite “sulla strada” bisogna lasciare da parte atteggiamenti di superiorità, di pietismo e tanto meno di assistenzialismo. “Un conto è se chi ti parla ha provato almeno un po' quello che stai vivendo tu – ha detto un giorno un senza dimora – un conto è se t'impone una regola messa solo per iscritto“. C'è bisogno di una relazione il più possibile rispettosa, accogliente, paziente. “Anche il gesto di sederti su una panchina al fianco di una persona senza dimora non può essere casuale, estemporaneo. E' il frutto di un accompagnamento sincero, paziente”. Dietro ogni persona che bussa alla porta di una casa d'accoglienza (“non chiamiamoli dormitori”, tengono a precisare quelli di Comunità Solidale) c'è un bisogno spesso più profondo di quello manifestato e una vicenda da rispettare. Così come dietro l'atteggiamento di una vittima della strada può esserci il giustificato timore di ritorsioni.

La crisi di lavoro e di relazioni ha visto crescere il numero dei senza dimora. Le realtà impegnate in città (L’Altrastrada, Volontarinstrada, Caritas, Trentino Solidale con Casa Francesco, Centro Astalli, Nuovamente, Hope con Casa Orlando e Briamasco, Fondazione S. Ignazio, cooperativa Punto d’Incontro e Fondazione Comunità Solidale con Unità di Strada e il Sentiero) hanno convenuto sull’importanza decisiva di parlarsi, di “fare rete”, di non sovrapporsi, sprecando risorse: l’esperienza dell’associazione San Marcellino di Genova (ben integrata con la Caritas locale e altre realtà di volontariato) dice che “gli stessi utenti vivono male il dover passare da una situazione d’assistenza ad una altra”, come ha rilevato il coordinatore Gabriele Verrone, ospite del confronto trentino. Mentre s'annuncia l'arrivo di altri 55 profughi a Marco di Rovereto, la strada impegna in risposte coordinate: “Se vogliamo fare rete – ha detto Verrone – i veri nodi sono le persone”.

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