L’addio di don Cattoni apre la strada ad una nuova comunità

“Sono arrivato tra voi nella Festa del Rosario e riparto nella Festa del Rosario”, ha detto don Giuseppe Cattoni nella messa di saluto alla comunità, riferendosi, sul filo della memoria, a 18 anni fa. Folta l’assemblea dei fedeli delle parrocchie di Calavino, Lasino e della curazia di Castel Madruzzo, che domenica 12 ottobre hanno preso commiato dal loro pastore, facendogli sentire affetto e stima sincera.

Il persistere di acciacchi senili per don Giuseppe hanno prevalso sull’esercizio del suo ministero sacerdotale (prossimo al sessantennio). Domenica 26 ottobre avverrà a Lasino il passaggio di consegne a don Luigi Benedetti, parroco di Cavedine. “Condivido le vostre preoccupazioni per la situazione che vivrete per la scarsità di sacerdoti, ma confido in voi, uomini e donne, nel trovare il modo di colmare le lacune all’interno di queste comunità”. L’insieme delle parrocchie sarà amministrato dal consiglio delle Unità pastorali volendo fin da subito sollevare don Luigi da incombenze burocratiche e amministrative nel dedicarsi alla cura di quasi 4500 anime. E una convinta quanto diretta partecipazione del laicato alla vita pastorale è stata auspicata da monsignor Giuseppe Zadra, già vicario dell’arcidiocesi, nel corso della concelebrazione con mons. Giuseppe Grosselli e con il prete dimissionario. A quest’ultimo, il consiglio pastorale, i cantori e le donne rurali hanno riconosciuto di essere stato non soltanto “una spalla su cui piangere, ma anche un saggio consigliere” e hanno reso grazie per aver bandito la mensa della Parola in maniera protratta, nonostante il graduale affievolirsi delle sue forze fisiche. Sentiti ringraziamenti a nome della comunità civile sono stati espressi da Oreste Pisoni ed Eugenio Simonetti, sindaci di Calavino e Lasino, a seguito di un messaggio di vicinanza alla sacrista Agnese, da ben 50 anni “spalla e conforto per don Giuseppe”, momentaneamente degente all’ospedale.

Per la nuova realtà pastorale inizia una sfida: “Dovremo imparare a vivere il nostro essere comunità in altro modo – è il parere condiviso dei membri del consiglio pastorale – e questo ci spaventa un po’, ma al tempo stesso ci anima di nuovo entusiasmo”.

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