Mbili, una mano tesa

A sostegno dell’opera in campo sanitario di suor Maria Martinelli, missionaria comboniana e medico chirurgo

Tutto era cominciato una quarantina d’anni fa – siamo negli anni ’70 -, quando qualche studente sudanese studiava alla Facoltà di Medicina di Padova con l’ausilio del Cuamm – Medici con l’Africa. Uno di questi giovani diventa medico di base in Trentino, ad Ala, anche perché non può più rientrare in Sudan dove infuria una guerra civile che durerà più di 25 anni. Un altro ce la fa a rientrare nella patria natia e a conflitto terminato – nel 2006 – vedendo il panorama sociale sconfortante frutto di anni di odi e devastazioni, chiede aiuto agli amici trentini per la sua gente priva di tutto.

E’ così che a Rovereto nasce l’associazione “Mbili, amici del Sud Sudan”. Sono una trentina di soci (in maggioranza donne) con un direttivo esclusivamente femminile che costituisce l’asse portante, con tanta voglia di mobilitazione e di coinvolgimento di numerose persone (e forse solo le donne che si mettono assieme e credono fino in fondo a quello che fanno, hanno un qualcosa in più – un supplemento d’anima – per cui non si può non essere in qualche maniera coinvolti!).

A fare da tramite è una persona, che dire eccezionale è poco, presente da anni sul posto, a Wau, nella regione di Bahr-El-Ghazai. E’ suor Maria Martinelli, di Calceranica, ma ormai sudanese d’adozione a tutti gli effetti. Lei è missionaria comboniana e medico chirurgo, ma all’occorrenza sa fare di tutto, sta con le persone più povere, soprattutto, è una presenza amica e rassicurante ed è diventata un punto di riferimento nell’intera zona. Da subito si è trattato di ripristinare e riattivare il vetusto e ormai fatiscente ospedale, abbandonato da 30 anni. Anche con l’apporto dell’associazione Mbili l’ospedale “St. Daniel Comboni” ha avuto un sostanzioso aiuto per l'arredo dei vari reparti di medicina generale, di pediatria, di maternità, ortopedia e chirurgia. Qualche dato per dire delle necessità impellenti in una zona priva di tutto: in un solo anno sono stato accolti più di 48 mila pazienti; giornalmente suor Maria visita circa 300 bambini sotto i 5 anni; dalle 5 alle 6 operazioni “importanti” più una decina di operazioni definite “quisquilie”; per non parlare dei 6, 7 parti quotidiani.

L’associazione roveretana ha inviato cinque container con attrezzature ospedaliere, letti e lettini, strumenti chirurgici, arredi per ambulatori, un’utilissima ambulanza, camici per medici ed infermieri, ecc. e concentra la sua attenzione su tre progetti, alla cui realizzazione Giovanna Micheli, che è la presidente, tiene particolarmente. In primis, il progetto “Adotto un infermiere” con il finanziamento di corsi di specializzazione della durata di 4 anni per giovani sudanesi; un contributo alimentare per una scuola materna dove alloggiano 80 bambini; e infine la collaborazione costante con l’ospedale di Wau. A Natale, poi, viene assicurato un pranzo a tutti i carcerati di Wau oltre ad un ausilio al corso di cucito per donne portato avanti da suor Agnese, che è presente in quelle aree da ben 50 anni – un esempio, che non fa notizia ma che è illuminante e splendido, di fedeltà assoluta ad una terra e alla sua gente!

Per trovare le risorse necessario a tutto questo le donne di Mbili di Rovereto non difettano certo di fantasia: hanno organizzato alcuni concerti, si attivano con mercatini, s’inventano cene solidali con lotterie. “Eppure – osserva Giovanna – ti rendi conto che quello che fai è poco rispetto alle loro quotidianità”. Una goccia nel mare delle necessità, ma una buona causa per cui investire una parte del proprio tempo, attivare energie e fantasia, stare insieme per un ideale non spento. Libere donne, quelle che compongono il gruppo di Mbili, perché forse mai la vera libertà trova spunti e sostanza se non nell’avere occhi e attenzione per i bisogni degli altri, specie i più dimenticati e lontani. Chapeau!

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