Alla corte di Daria

SOMMARIO:

somm1: Tra pochi giorni lascia l’Università: è stata nominata giudice della Corte Costituzionale

somm2: A inizio novembre giurerà come giudice costituzionale: «Al Presidente Napolitano non potevo dire no». «Il successore? Ho impostato un modo di lavorare degli organi di governo dell’ateneo: vorrei restasse. Se sarà un uomo mi piacerebbe gli chiedessero: la chiamiamo rettore o rettrice?»

Era già nella storia come la prima donna a guidare l'Università di Trento. Ora anche il suo rettorato resterà agli annali. Come il più breve. Magari con la motivazione in calce: ubi maior… D'altro canto, come si fa a dire “no”, quando a chiederti di accettare un nuovo incarico è il Presidente della Repubblica in persona. E come nicchiare quando il Capo dello Stato ti propone il traguardo massimo per un giurista: giudice della Corte Costituzionale, con giuramento previsto martedì 11 novembre. «Mi onora moltissimo. Lui ha usato argomentazioni che mi hanno immediatamente convinta. Si può immaginare il mio stupore. Il mio primo pensiero è andato all'Università, ma una richiesta così non si può dire di no». Sorride ai microfoni di Trentino inBlu Daria de Pretis, affondata nel divano bianco del suo ufficio di rettrice a Palazzo Sardagna, fresco quartier generale dell'Ateneo.

Rettrice de Pretis, immagina già cosa l'attende?

Cosa faccia in astratto la Corte lo so. Come si svolgano i lavori in concreto lo imparerò sul campo. Parametro di giudizio della Corte è la Costituzione: siamo legati alla sua “lettera” ma anche a quella che si chiama Costituzione materiale, cioè come le cose si svolgono in concreto. E' la Corte più alta, chiamata a compiti di delicatezza e garanzia estremi. Ogni giurista vi aspira.

Qualcuno ha letto la sua nomina come un investimento futuro a favore dell'Autonomia, pensando ad esempio ai frequenti ricorsi della Provincia alla Corte. Una forzatura?

Non credo si possa leggere in questi termini. E' evidente che ogni giudice non è un mero applicatore della legge, ma porta nel suo giudizio tutta la propria storia. E la mia è quella di una persona che proviene da qui. Direi che è interessante la scelta di una giurista di “provincia” e il riconoscimento alla scuola giuridica trentina e a questa Università che ha prodotto frutti portati all'attenzione del Presidente della Repubblica.

Lascia l’Università dopo solo un anno e mezzo. Con numeri in crescita sul fronte degli iscritti. Il rammarico maggiore?

Mi mancheranno tanto le persone e l'istituzione, perché questa è una bellissima Università. Quanto ai numeri stiamo andando molto bene perché, di fronte a una tendenza nazionale di drammatico calo delle iscrizioni e dell'investimento in formazione, noi abbiamo un numero di domande che non riusciamo a soddisfare e che ci impone il numero chiuso.

Forse è improprio un bilancio dopo un anno e mezzo. Sul suo tavolo di rettrice quali note principali rimangono per chi verrà dopo di lei?

Vorrei evitare di pensare a cosa farà mio successore. Il ruolo è scritto nello Statuto. Le cose da fare sono quelle che toccano a tutti. Circa il bilancio ha ragione, mi piace però ricordare che sono partita con un nuovo sistema di governo e ho impostato un modo di lavorare degli organi dell'ateneo che mi piacerebbe restasse. Abbiamo fatto un grandissimo lavoro di regolazione e produzione programmatica che spero resterà: parlo del piano strategico o delle nuove consulte del personale tecnico o dei dottorandi. Se dopo di me verrà una donna, potrà utilizzare il titolo di rettrice con meno stupore di quanto ne abbia suscitato io. Se sarà un uomo mi piacerebbe gli chiedessero: la chiamiamo rettore o rettrice?

Nel nome della democrazia accademica è auspicabile una campagna elettorale agguerrita come quella che portò alla sua elezione o non lo augura a nessuno?

Certo che è auspicabile. Fu una campagna ricca e stimolante. Sarà uno stress avere una campagna elettorale a così breve distanza, ma sono anche sicura che porterà frutti buoni e una scelta soddisfacente. In Ateneo ci sono tante persone bravissime. Il lavoro di rettore è soprattutto quello di direzione di organi collegiali. E sono loro che decidono. Non ho mai preso una decisione che non fosse condivisa con il mio senato.

Quale eredità economica lascia, in tempi di cura dimagrante pesante per questa Provincia che finanzia l'Università?

Non ci sarà più la ricchezza di un tempo, l'ho già sperimentato io. Bisognerà essere sobri, ma continuare a convincere la Provincia e lo Stato che l'Università non è un costo ma un investimento decisivo per il futuro del Paese. Sul tema delle ricadute della ricerca non credo nella distinzione della ricerca pura da quella applicata. Non è mai esistita un'università che fa ottima ricerca e non abbia prodotto risultati anche sul territorio.

Il consiglio alle matricole trentine?

Siete fortunati a studiare in un Ateneo come questo. Lavorate sodo e non perdete le tante opportunità che vi vengono offerte.

La sua nomina, in famiglia?

L'hanno presa con stupore quasi uguale al mio. E grande felicità.

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