E soprattutto gli adolescenti non vanno lasciati soli

Cosa succede quando un ragazzo si trova davanti ad un lutto improvviso? Un dibattito a Volano promosso da una famiglia

Gli adolescenti di fronte al lutto: una problematica certo non nuova, ma affrontata raramente. A Volano, presso il teatro parrocchiale, si è tenuto giovedì scorso un affollato incontro promosso dal marito e dai tre figli, tutti molto giovani, colpiti un anno fa dalla morte prematura della consorte e mamma.

Per la trattazione del delicato tema “Il lutto nell'adolescenza” è stato invitato il cappuccino padre Mauro Marasca, psicoterapeuta, già docente universitario a Roma e da poche settimane a servizio in San Lorenzo a Trento. Ad ascoltarlo c'erano adulti e giovani, meno adolescenti, ma la relazione ha riguardato tutte le classi di età, anche se il nocciolo della questione erano le varie tipologie di reazione dell'adolescente di fronte ad un lutto, all'interno della famiglia o nella cerchia di amici e conoscenti.

Marasca ha premesso che la morte rappresenta uno dei più grandi tabù della nostra società, una sconfitta per la scienza e per la tecnologia; si dimentica che essa fa parte della vita di ogni uomo, anche se si tenta di nasconderla insieme con la sofferenza, talvolta esorcizzandola attraverso i mass media. Secondo il relatore ognuno vive il lutto, “sentimento di dolore intenso”, in maniera diversa e personalissima, ma il processo di rielaborazione è comune e attraversa varie fasi. Marasca ha indicato innanzitutto un momento di angoscia da separazione, accompagnata talora da rabbia, di torpore o stordimento, di struggimento, di ricerca della figura persa, di disorganizzazione e disperazione, di apatia ed infine di riorganizzazione che possono prolungarsi assai nel tempo. “Il processo di elaborazione del lutto – ha affermato – è fortemente soggettivo e spesso è accompagnato da uno stato depressivo, anche grave, che negli adolescenti può determinare “sintomi psicopatologici” e deviazioni al processo di crescita (la più grave delle quali può essere il suicidio), che costringono a richiedere un supporto psicologico.

“Sappiamo – ha osservato Marasca – che l'adolescenza, con i suoi grandi mutamenti fisici, ormonali, psicologici e comportamentali è la fase di transizione più critica e che la morte di un genitore costituisce un fatto di rischio ed un'interferenza di sviluppo“. Né va dimenticato che “gli adolescenti si sentono onnipotenti e ritengono loro stessi e chi è intorno a loro invincibili e immortali”.

In queste circostanze sembrano prevalere “processi difensivi” nel soggetto e la “negazione del dolore”, seguiti da rabbia, isolamento, chiusura, passività che possono portare a “dinamiche suicidali”.

Padre Marasca ha quindi invitato la platea a prestare attenzione ed ascolto a “quello che i ragazzi si sentono di dire, senza pensare di dover necessariamente fornire risposte o soluzioni”, cercando di favorire la ripresa della loro “abituale routine”. Diventa dunque fondamentale “una presenza forte, costante e affettiva dell'adulto (in particolare genitori, parenti, amici insegnanti)”. Anche “perché i coetanei tendono a fare finta di niente infondendo così nell'interessato un senso di solitudine”.

L'adolescente, secondo Marasca, deve essere aiutato a riconoscersi e confrontarsi con sentimenti nuovi, ma assolutamente normali che deve liberamente esprimere e manifestare senza sentirsi svalutato, sminuito o peggio ancora debole. Pure l'adulto non deve aver timore di mostrare le proprie emozioni, di porre domande aperte sul defunto, di trovare modi per mantenere viva la memoria della persona cara, inventando gesti semplici come l'accensione di un lume, la visita alla tomba, lo scrivere una lettera, il comporre un album di ricordi, senza trascurare eventuali segnali inusuali e cambiamenti drastici dei ritmi di vita quotidiana come i sintomi di depressione, un basso rendimento scolastico, disturbi alimentari e abusi di droghe o alcool. “Nel caso in cui si protraggano a lungo – ha raccomandato Marasca – o non subiscano alcuna variazione, è bene chiedere la consulenza di un professionista, medico di base, psicologo o psicoterapeuta”.

Il dibattito ha evidenziato, attraverso le testimonianze concrete, le preoccupazioni di famiglie ed educatori di fronte ad eventi improvvisi – tipo incidenti stradali o infortuni sul lavoro – per fronteggiare i quali la condivisione e la solidarietà, familiare e amicale, in poche parole di comunità sensibile e attenta, rivestono un ruolo fondamentale nel superamento della prova.

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