Le notti delle Rimanie

A Sopramonte la rievocazione storica ripropone gli antichi mestieri

Sopramonte (Trento), parrocchia dal 1854, con il suo solitario campanile primitivo staccato dalla chiesa attuale e alcune stradine più o meno indenni al volgere del tempo, ben si presta a fare da cornice alle “Rimanie”. Nel programma della due giorni del 25 e 26 ottobre, le rievocazioni si sono distinte specialmente per il rigore storico: 170 figuranti in costume e un folto gruppo di bambini della scuola primaria tra arcieri, sbandieratori, giullari, artigiani, alchimisti oltre al pubblico delle grandi occasioni, affezionato e partecipe se non protagonista della manifestazione “I giorni delle Rimanie”. Gli abitanti di Sopramonte calati nella vita medievale insieme a un generoso gruppo di volontari coordinati dall’associazione “Giulia Turcati” hanno impresso un forte impulso all’animazione riscuotendo un successo “superiore alle aspettative”, a detta degli organizzatori. Per questa quinta edizione, c’erano anche gli “Arcieri storici de Persen” e l’associazione culturale “Madruzzo 500” di Calavino con la loro sega veneziana e l’antico maglio.

Lo spunto della festa, a cadenza biennale, è tratto da una tradizione secolare per la conca del “Supramontium” che nel XIII secolo accorpò i paesi di Oveno, Baselga, Cadine e Vigolo nella medesima entità amministrativa per la gestione dei beni all’interno della Pieve. Terminati i raccolti nei campi, arrivava da Tridentum (Trento) il gastaldo incaricato alla riscossione delle imposte che in quell’epoca vennero tramutate in “Rimanie”, in pratica l’insieme di beni in natura dovuti al Principe Vescovo consistenti in frutti della terra, prodotti caseari, carni macellate e “sort” di legna.

Le pestilenze e la carenza di braccia forti furono la grama realtà nella quale i paesi del Supramonte vissero, tanto che in molti non consegnarono il dovuto: artigiani o contadini in cambio delle Rimanie si misero al lavoro nei palazzi vescovili in pagamento di quanto richiesto, pena la prigione. Fin qui il dato storico, che trova oggi ambientazione fedele nella piazza e nelle vie intorno alla chiesa parrocchiale: pastori, fabbri, maniscalchi, falegnami, panettieri, “Arimanni e Battuti” sul calar della sera animano i vecchi portici, i vicoli e gli avvolti, permettendo di respirare un’atmosfera d’altri tempi. Il borgo medievale, magistralmente allestito e animato, ha riprodotto una sorta di “porta del tempo” mimetizzante i contenuti della modernità circostante.

Daniela Pegoraro, già presidente dell’associazione culturale “Giulia Turcati”, spiega: “Il tutto è nato perché volevamo valorizzare la storia antica del nostro paese, i luoghi caratteristici e quelli meno conosciuti da giovani e persone trasferitesi qui negli ultimi anni”. Un lungo lavoro di ricerca, recupero, conservazione e riproposizione dell’antico vivere e degli antichi mestieri, che ha richiesto grande collaborazione soprattutto per presentare alle centinaia di visitatori alcune manualità oggi avvolte nelle nebbie del tempo, ma che nei secoli addietro furono colonne portanti dell’essere e del fare comunità.

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