Il taccuino di guerra di Pietro Morando

Alcuni suoi disegni a carboncino prestati a Parigi e a Londra dal Museo della guerra di Rovereto

L’austriaco impazzito che con le mani alzate si arrende al nemico. Il soldato, inerme e senza vita, accasciato sul filo spinato. I prigionieri afflosciati ai pali della tortura. I disegni a carboncino di Pietro Morando – pittore piemontese di Alessandria cresciuto nel milieu culturale milanese dell’Accademia di Brera, “intimo” degli studi di Angelo Morbelli e Carlo Carrà, ammiratore del socialismo utopistico di Giuseppe Pellizza da Volpedo – sono il suo personale taccuino di guerra dai campi di battaglia e prigionia del primo conflitto mondiale.

Influenzato dall’interventismo di Cesare Battisti, che accompagnò in un tour propagandistico, partì volontario per il fronte. Fante nelle trincee del Carso, detenuto in Ungheria e Slovacchia, con tratto espressionistico ritrasse l’orrore nei volti scarnificati dei combattenti.

La mancata indulgenza a qualsiasi mitizzazione, l’assenza totale di qualsivoglia accenno naturalistico, rispecchiano un panorama interiore che l’artista si porterà addosso per tutta la vita, anche nelle successive tele sul mondo contadino e la povera gente.

Nel 1926 gran parte di quei disegni fu donata dall’industriale comasco Giovanni Balbis al Museo della guerra di Rovereto che alla fine degli anni Ottanta propose un’ampia retrospettiva. Oggi, in occasione del Centenario della Grande Guerra, 16 dei 225 disegni presenti nelle collezioni del museo sono stati prestati per due mostre in corso a Parigi e Manchester. Nelle sale del parigino Musée de l’Armée, 6 fanno parte dell’esposizione “Vu du front. Représenter la Grande Guerra” che racconta, fino al 25 gennaio, come i contemporanei hanno visto, percepito e rappresentato il fronte. In Inghilterra, gli altri 10 disegni sono, fino al 22 febbraio, alla “Manchester Art Gallery” nella mostra “The Sensory War 1914-2014” che indaga in che modo gli artisti hanno comunicato l’impatto della guerra sul corpo.

A proposito dei disegni, la storica dell’arte Marisa Vescovo, nel catalogo che accompagna la retrospettiva roveretana del 1988, scrive: “Morando racconta la storia di un uomo costretto ad accettare la più disumana delle vite, sprofondato nell’incubo della solitudine, della malattia e della morte”.

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