Bilancio 2015, sindacati: “Manca equilibrio”

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Finanziaria 2015, sindacati perplessi. Cgil, Cisl e Uil chiedono, con una nota congiunta, correttivi perché la manovra non sia sbilanciata. Sul fronte ticket sanitari Cgil Cisl Uil auspicano chiarezza e trasparenza. «Prima di introdurre nuovi meccanismi di compartecipazione – ribadiscono i tre segretari generali – bisogna verificare lo stato di avanzamento del piano di miglioramento dell’Azienda sanitaria. Garantire risparmi e qualità nella sanità trentina è possibile, ma vanno fatte delle scelte di razionalizzazione dei servizi sul territorio che oggi la politica non ha il coraggio di fare. Sembra più facile chiedere denari ai cittadini, ma se lo si fa per mantenere una sanità che in periferia non garantisce più gli standard di qualità necessari, la cosa diventa davvero assurda».

I sindacati chiedono inoltre in particolare l’operatività di Sanifonds e il varo del Fondo di solidarietà territoriale. I segretari Burli, Pomini e Alotti, all’unisono, aggiungono: “Va attuato il protocollo di aprile su sviluppo e lavoro. Se le imprese hanno visto accolte dalla Giunta provinciale molte delle richieste sulla riduzione della pressione fiscale, lo stesso non vale per quanto riguarda le proposte avanzate dalle organizzazioni sindacali negli incontri convocati per discutere le linee guida della prossima legge di bilancio della Provincia”. Per questo Cgil Cisl Uil del Trentino incalzano il presidente Ugo Rossi affinché la manovra finanziaria sia significativamente riequilibrata. 

“Resta inteso – aggiungono Cgil, Cisl e Uil – che, una volta fatte le dovute verifiche, per Cgil Cisl Uil serve parametrare la compartecipazione alle condizioni economiche delle famiglie, abbandonando l’utilizzo di soglie di reddito che non riproducono le reali capacità di spesa dei diversi nuclei. Come già proposto nel documento trasmesso alla Giunta, per i sindacati serve quindi un confronto serrato su tutta la partita tariffe, ticket e Icef, in particolar modo per quanto riguarda le rette delle case di riposo. 

«C’è un ultimo punto – concludono Burli, Pomini e Alotti – che va affrontato. Sulle politiche della casa, non si può agire esclusivamente sull’aumento dei canoni minimi di chi sta in un alloggio Itea. Chi oggi paga 25 euro al mese, vive con redditi bassissimi al limite della soglia di povertà. Per questo il raddoppio del canone, da un giorno all’altro, rischia di risultare insostenibile in assenza di altri interventi sul fronte delle disponibilità di reddito».

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