Credere nei giovani

Sono i disastri causati dal maltempo in molte regioni italiane a riportare sulla scena pubblica i giovani, mobilitati nei soccorsi alle popolazioni, alla pulizia di case, piazze e strade e al ripristino ambientale di prima emergenza. Le loro voci non sono così percepibili come quelle delle lamentazioni, peraltro in molti casi giustificate, delle vittime del maltempo, delle esondazioni, degli straripamenti, dei crolli, con danni irreparabili al patrimonio civile e pubblico ed almeno due vittime, marito e moglie, travolti in Liguria dal fango. I giovani sono gli stessi soggetti indicati come vittime della crisi che stanno crescendo in un contesto di difficoltà caratterizzato da riduzione di beni, servizi e opportunità di lavoro. Nonostante le difficoltà di un'Italia con un'economia che si va restringendo ed una società che nello stesso tempo si va impoverendo, moltissimi spontaneamente si sono proiettati o lo stanno facendo verso le zone critiche lavorando a fianco delle popolazioni colpite e delle squadre della protezione civile.

Qui siamo ad un punto di approdo drammatico, occasionale e provvisorio, dove la loro presenza rappresenta un segno di speranza, o meglio un certezza sulla capacità di mobilitazione di questa componente sociale a fianco dei più deboli. Il capolinea è tutt'intorno fatto di macerie e di solitudini, di degrado, incuria, sfruttamento e abbandono. I vescovi italiani hanno confermato le loro preoccupazioni per bocca del presidente della Cei Angelo Bagnasco che all'assemblea generale in svolgimento ad Assisi si è chiesto: “Che cosa sarà di tanti giovani? Quali vie li attendono se sono costretti a rimanere ai bordi di una società che sembra rifiutarli? Quali loschi personaggi – in Italia e altrove – sono pronti a farne scempio per i loro interessi? Si sta perdendo una generazione”. Domande inquietanti che attendono la risposta degli adulti, di quanti detengono il potere per un reale cambiamento di rotta, considerando come sostiene il sociologo Aldo Bonomi che si è al capolinea della politica, delle vecchie forme della convivenza, dell'individualismo, per cui lo Stato non basta più e serve un nuovo patto, introducendo le categorie della povertà e degli ultimi, il che significa riconoscere e riconoscersi nelle sofferenze dell'altro. Non c'è ancora nulla di codificato circa l'ipotesi paventata da Bagnasco di “loschi personaggi”. Basta quanto sopravvive e si manifesta nella società come patologico nel campo della disoccupazione, dei traffici illeciti, della prostituzione, dell'alcolismo e della droga. Moltissimi i casi “altrove”, tragici, di cui si occupa la cronaca in questi ultimi tempi di passione. In Messico i vescovi, dopo la scoperta dell'assassinio dei 43 studenti della Scuola normale di Ayotzinnapa, scomparsi a Iguala, considerato un caso non isolato, il 26 settembre scorso durante una manifestazione di protesta contro i narcotrafficanti (con la condanna e l'appello affinché l'inchiesta vada fino in fondo) hanno denunciato una situazione del Paese “molto corrotto, dove alla gente e ai politici non importa di vivere o meno nella verità”. Ruota intorno alla Chiesa un movimento in crescita che chiede a tutte le famiglie di rompere il silenzio e abbandonare la paura.

Nella Piana di Ninive in Iraq, martoriata contesa tra jihadisti dello Stato islamico (Is) e truppe curde Peshmerga, ancora i giovani sopravvissuti alle stragi, protagonisti di un'iniziativa che sa del miracolistico: spontaneamente nell'ultima giornata festiva si sono ritrovati nella chiesa caldea di San Giorgio, profanata, saccheggiata, nel villaggio di Tel Isqof per la messa celebrata da un sacerdote caldeo di Mosul. Hanno fatto suonare anche le campane prima di ritirarsi nuovamente, al termine della liturgia, verso le zone più sicure al nord. Lo riferisce l'agenzia Fides. È stato un modo per dimostrare la volontà di ritornare nelle proprie case e nelle proprie chiese, tutt'ora deserte dopo la fuga di massa di agosto, in un'area attraversata dalla linea del fronte, da parte di circa 200 mila sfollati. E altri giovani palestinesi, in un clima di forte tensione, hanno protestato in occasione del decimo anniversario della morte di Yasser Arafat, storico leader dell'Olp che ha lasciato un Paese incompiuto, senza un'eredità strutturale al suo posto, per l'annullamento dei festeggiamenti previsti a Gaza, in assenza di condizioni di sicurezza. Una moschea è stata data alle fiamme in Cisgiordania. I giovani anche in questo caso continuano ad essere i soggetti, vittime o autori, di vendette e attentati negli scontri con Israele. La casistica potrebbe proseguire con il riepilogo di tragedie in Africa ed Estremo Oriente.

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