Fusione, il tempo stringe

Il processo che sta portando alla fusione dei comuni trentini rispecchia l’intenzione della legge 142 del 1990 sull’ordinamento delle autonomie locali che conferiva all’unione delle amministrazioni la funzione di fase precedente al loro successivo accorpamento. Considerato che la potestà legislativa compete alla Regione “sentite le popolazioni interessate” in merito alla razionalizzazione e al riordino territoriale, un comitato spontaneo di cittadini della Valle dei Laghi ha organizzato il 5 novembre un incontro chiarificatore sull’ipotesi di fusione dei sei comuni vallivi o parte di essi.

La volontà sarebbe di arrivare in soli cinque mesi all’approvazione da parte dei singoli consigli comunali del progetto di fusione con indizione di referendum. Infatti, le municipalità che entro il 30 marzo prossimo esprimeranno il loro “sì” in questa direzione, potranno andare a referendum in estate. A semplificare la comprensione dell’iter procedimentale e a prospettare i risvolti economici di questo futuro possibile scenario sono saliti sul palco del teatro di Padergnone il consigliere del comune di Ledro Rolando Mora e il sindaco di Taio Stefano Cova, aprendo il dibattito col protocollo di finanza locale già definito “lacrime e sangue”.

Il pubblico si è dimostrato interessato all’esperienza maturata nelle rispettive realtà territoriali: quella in Val di Ledro, esempio pioneristico in Trentino nell’imboccare vent’anni fa la strada dell’unificazione comunale quando alle soglie del Duemila ci si stava abituando ad avviare riforme “dal basso”, e quella della Val di Non che con il primo giorno del nuovo anno ufficializzerà il Comune della Predaia nato dalla fusione dei comuni di Taio, Coredo, Smarano, Tres, Vervò.

Mentre in quest’ultimo il Patto Territoriale ha favorito il confronto tra gli amministratori in nome di una Pubblica Amministrazione più efficiente e meno dispendiosa, il nuovo ente Comune di Ledro, nato nel 2010 dalla fusione di sei municipalità contermini, ha adottato economie di scala in ogni ambito della vita collettiva – polisportive, scuole, acquedotti, associazioni – dovendo adeguare l’assetto istituzionale al modus vivendi dei suoi cittadini. Da allora, con cinquanta dipendenti e sede a Pieve di Ledro, gestisce tutte le attività tecnico amministrative.

“Le persone avevano compreso che non si poteva andare avanti con comuni così piccoli e le fusioni che stanno avvenendo ora sono la dimostrazione che i territori hanno capito le nuove necessità, ma io mi chiedo che cosa abbia capito la Provincia. Quali cambiamenti sta mettendo in atto nell’assetto organizzativo? Forse c’è paura di avere meno comuni ma più forti e consapevoli del loro ruolo”, ha rilanciato Mora.

Nel ledrense, però, hanno impiegato un decennio a fondersi. “Noi abbiamo tempo soltanto fino a marzo e dovremo fare attenzione a migliorare la qualità dei servizi, non soltanto a tagliare le spese”, ha constatato Pisoni, sindaco di Calavino Tempi a parte, le fusioni, per Mora, sono la vera scommessa: “Iniziamo col dire che in Trentino i livelli devono essere soltanto due: la Provincia e i comuni. La Comunità di valle è la risposta sbagliata ad un bisogno effettivo perché cristallizza il territorio provinciale in nome di un’istituzione senza legami stretti con il territorio”.

Pronta la replica di Luca Sommadossi, presidente della Comunità della Valle dei Laghi: “Credo che l’esperienza delle comunità di valle abbia posto al centro i veri problemi del territorio. Questa Comunità non metterà paletti ai processi di fusione, anzi, auspico che venga eliminata, purché le motivazioni non siano legate solamente a fattori contingenti”.

Se la situazione è di stallo, i sei sindaci della Valle dei Laghi concordano in un sondaggio da sottoporre a al giudizio dei propri cittadini per predisporre la “road map” delle prossime azioni da mettere in atto a breve.

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