Francesco e l’ Europa

Il Papa che la sera del 13 marzo 2013 si è affacciato su Piazza San Pietro per dire che i cardinali lo hanno chiamato “quasi dalla fine del mondo”, il primo Pontefice gesuita, il primo Papa non europeo, dopo 1300 anni, il primo con il nome di Francesco, incontrerà martedì 25 novembre la vecchia Europa che per secoli ha rappresentato il cuore pulsante dell'umanità. Per quella data è previsto un velocissimo viaggio apostolico di poche ore a Bruxelles al Parlamento europeo e all'Assemblea del Consiglio d'Europa. Arriva in un'Europa “priva di speranza”, tuttavia ricca di giovani che amano e desiderano l'Europa, a detta di Gianni Ambrosio, vescovo di Piacenza-Bobbio e vicepresidente della Comece, la Commissione degli episcopati della Comunità europea.

Si tratta di una visita di cortesia del vescovo di Roma, nato in Argentina, che porta tuttavia sangue italiano nelle vene per le origini piemontesi dei suoi avi, in risposta all'invito del presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz.

Il mondo è in attesa di sentire cosa dirà il Papa latino-americano ai viziati europei. Che sia un uomo di Chiesa, arrivato “quasi dalla fine del mondo” a indicare nuovi orizzonti, in continuità con i suoi predecessori che hanno sempre amato l'Europa e l'hanno sempre desiderata unita, pacificata, solidale ed esemplare nelle sue iniziative di cooperazione con il resto del mondo, rispettosa del ruolo avuto nei secoli dal cristianesimo. Jorge Mario Bergoglio con la classe politica non è mai stato indulgente. Ha tuttavia spianato la strada verso Bruxelles alla Messa al cimitero monumentale del Verano, il primo novembre, dettando la sua agenda pastorale, sul passato e sull'oggi, con l'allusione ai bombardamenti su Roma, di 71 anni fa, durante il secondo conflitto mondiale, e alle devastazioni attuali del pianeta. Il primo è stato definito dal Papa “tanto grave, tanto doloroso”, nulla tuttavia rispetto a “quello che accade oggi con l'uomo che si impadronisce di tutto, che si crede Dio e Re”. E le guerre poi sono un altro quesito evidenziato. “Le guerre – risponde il Papa con una vena di ironia – che continuano, non precisamente a seminare grano di vita”. “A distruggere”. “Ma è l'industria della distruzione”. “E' un sistema, anche, di vita che quando le cose non si possono sistemare, si scartano: si scartano i bambini, si scartano gli anziani, si scartano i giovani senza lavoro”. E' una devastazione provocata dalla cultura dello scarto. “Si scartano i popoli”. Il risultato, osserva il Papa, è quello di una “moltitudine immensa di ogni tribù, popolo e lingua”: i popoli, la gente che con il freddo che si fa già sentire, “devono fuggire per salvare la vita, dalle loro case, dai loro villaggi, nel deserto e vivono in tende, sentono il freddo, senza medicine, affamati, perché il dio-uomo si è impadronito del Creato di tutto quel bello che Dio ha fatto per noi”. Ma chi paga la festa?, si è chiesto ancora il Papa. “Loro”: questa la risposta data nel giorno di Ognissanti, ossia “i piccoli, i poveri, quelli che da persone sono finiti in scarto”. E questo – osserva – non è storia antica: “succede oggi”.

E' storia di quell'Europa che va a visitare, che dopo averle abbattute erige nuove barriere, rinfocolando la guerra al posto della mediazione politica, del confronto, del dialogo, che tarda a dare risposte efficaci contro gli scarti, lenta a muoversi nei confronti di chi cerca pace, dignità, lavoro. Al Verano Francesco ha indicato anche il cammino che può “salvare l'umanità dalla distruzione, dalla devastazione della terra, del Creato, della morale, della Storia, della famiglia, di tutto”: l'atteggiamento delle Beatitudini, unico in grado di garantire “speranza”, di contrastare “l'egoismo dei devastatori”, di infondere “coraggio”.

La speranza è ancora l'elemento propulsore delle nuove generazioni, in base ad una recente indagine sull'orientamento dei giovani nei confronti dell'Europa.

La pace, guardando all'Ucraina, non può mai essere data per scontata, soprattutto se vengono meno gli strumenti di garanzia come il dialogo e la fratellanza tra i popoli che vanno costruiti giorno dopo giorno. La caduta del Muro di Berlino è l'evento storico che ha portato la liberazione dell'uomo dalla disumanità delle ideologie.

Il dialogo come sistema culturale ed operativo di tutte le relazioni, private e pubbliche, non è solo un modo per testimoniare l'accessibilità a Dio, ma anche una ragione per scacciare i fantasmi della paura del futuro e del vuoto di valori, da più parti denunciati, in modo da instaurare e consolidare relazioni pacifiche e comprensive con le altre culture mondiali.

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