In cammino per cambiare

I rappresentanti delle nove Caritas diocesane austriache si interrogano sui cambiamenti sociali in atto, alla ricerca di visioni condivise per una convivenza efficace

Innsbruck – “Aufbrechen” è la parola scelta dalla diocesi nordtirolese come motto per celebrare i primi cinquant’anni della propria storia. Un vocabolo che significa tanto “scassinare” e “rompere” come “aprirsi” e “mettersi in cammino”. “Aufbrechen zum Wandel” (“Aprirsi al cambiamento” oppure “Mettersi in cammino per cambiare”) è lo slogan del simposio Caritas tenutosi sabato scorso nel Palazzo dei congressi enipontano, dopo che per due giorni, alla Haus der Begegnung, i rappresentanti delle nove Caritas diocesane austriache si erano interrogati sui cambiamenti sociali in atto, formulando “visioni per una convivenza efficace”.

Dopo gli interventi introduttivi del presidente della Dieta tirolese Herwig van Staa e, per il comune di Innsbruck, della consigliera Herlinde Keuschnigg, dopo il saluto del direttore Caritas Georg Schärmer, il vescovo Manfred Scheuer ha raccontato brevemente la storia dell’impegno della Chiesa locale nell’ambito della testimonianza della carità, ringraziando tutti coloro che “danno un volto al Vangelo” e “evitano di chiudere gli occhi” sulla realtà.

Il presidente della Caritas austriaca, mons. Michael Landau, ha sottolineato come l’oggetto della rivelazione biblica non sia un quieto vivere permanente. “Solo i pesci morti vanno nel verso della corrente”, ha detto. “Le sfide di fronte alle quali ci poniamo sono variegate e, a quanto possiamo giudicare, non andranno a diminuire. Al contrario. Una strada in salita sulla quale possiamo incamminarci assieme alle persone il cui cuore preferisce la follia della bontà alla furbizia dell’egoismo”. Secondo Landau la meta è la “civiltà della solidarietà e dell’amore”, cui ci si avvicina col rispetto reciproco e con la vicinanza, in ogni momento e in ogni luogo. Lo sguardo dell’opinione pubblica e della politica va reso attento alle ingiustizie, anche se nel farlo non si ricevono molti applausi.

“Questo sistema economico non ci piace”. È quanto afferma, secondo diversi studi, la maggior parte delle persone che vivono nei paesi industrializzati. Un tema affrontato da Christian Felber, fautore della cosiddetta “economia del bene comune”, che ha molti punti di contatto col pensiero sociale cristiano. Si tratta, ha detto, di aprirsi ad un’economia di mercato eticamente sostenibile, il cui scopo non è la moltiplicazione dei capitali monetari, ma una vita buona per tutti: bene comune anziché corsa al profitto, cooperazione invece che concorrenza sfrenata.

Nel pomeriggio l’intervento della direttrice della Caritas diocesana di Berlino che ha portato l’esperienza di una città che è al tempo stesso centro e periferia.

I desideri e le speranze delle persone ci mostrano quanto grande è la volontà di cambiare, andando oltre il proprio interesse personale, oltre l’individualismo ed una “felicità privata”, per aprirsi al bene di chi abbiamo di fronte e alle sfide socio-politiche. Così il direttore Schärmer ha commentato, in conclusione, i risultati del cosiddetto “Laboratorio del futuro”, iniziativa che ha coinvolto in tutta la regione 430 persone in 38 località, nell’esprimere le loro visioni su “come saremo tra vent’anni”.

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