Famiglia Cooperativa di Ranzo: la guida è donna

La Famiglia Cooperativa di Ranzo, attiva da 120 anni
Per la prima volta nella sua storia ultrasecolare, il timone della Famiglia Cooperativa di Ranzo è in mano a una donna. Un management rosa che sana un’anomalia tutta italiana: quella di assegnare preferibilmente al “sesso forte” le cariche amministrative. Qualche eccezione esiste ed è questo il caso di Nives Rigotti, la prima donna a reggere la presidenza del punto vendita alimentare della piccola frazione del comune di Vezzano. Al suo fianco, la direttrice Agnese Rigotti. Ad accomunarle, un modello di cooperativismo che ha segnato la storia.Centoventi anni, tanto è trascorso da quando nel 1894 uno stuolo di ranzesi, spronati dall’allora ventiquattrenne don Alfonso Amistadi, per trentasette anni curato di Ranzo, fondarono la loro Famiglia, la più antica in valle dei Laghi, una tra le prime quindici in Trentino. A ruota, l’anno medesimo, altre nove Cooperative fra cui quelle dei paesi limitrofi di Cadine, Calavino e Lasino. Località ben più importanti di Ranzo ne rimasero prive ancora all’alba del XX secolo. In data 9 settembre 1894 (probabile giorno di costituzione della società) si contarono ventuno soci compresi la chiesa e lo stesso comune che versarono 10 corone cadauno a titolo di quota d’iscrizione. Due mesi dopo, il 15 novembre, l’apertura del negozio preceduto dal primo acquisto di mobilio: due bilance, un banco, un cassone, alcuni misurini dell’olio, qualche timbro, un calamaio, coltelli vari e una scatola per il caffè: gli strumenti necessari perché gli abitanti potessero disporre quotidianamente, e a condizioni vantaggiose, di quei beni di prima necessità i cui prezzi furono fissati fino all’anno precedente da cartelli di commercianti.

La Cooperativa, unico servizio pubblico di questo “piccolo villaggio di montagna”, soddisfò un po’ tutti i bisogni, del resto assai parchi, della gente, salvo il caso sporadico di tre o quattro nuclei familiari che si rifornirono in valle. Divenne un polo di riferimento per affrontare momenti di difficoltà e di bisogno attraverso la solidarietà e il mutuo soccorso. Ma l’approvvigionamento delle merci fu sempre problematico almeno sino al 1948 quando ebbe inizio la costruzione della strada di collegamento tra Ranzo e Lon, otto chilometri a valle. Prima, le merci prelevate dal Sait o da altri grossisti, vennero trasportate a dorso di mulo o con l’ausilio di slittoni lungo l’erta mulattiera che si inerpica da Castel Toblino. Così la descrisse il poeta Joseph Viktor: “Un’antica strada romana si arrampica tra le pietre e i macigni sparsi fino allo squallido e desolato villaggio di Laranzo (Ranzo) i cui i tetti di paglia fumante e i campi costellati di pietre cancellano dalla mente qualsiasi idea che laggiù nella valle cominci l’Italia”.

I prodotti più richiesti dai soci, desumibili dalle annotazioni del libro mobilio, furono olio, grappa, vino, caffè, ricotta, lana, tabacco, sale e farina. Poco richiesto il pane; lo si somministrava di consuetudine agli ammalati. La Cooperativa rimase anche luogo di aggregazione. E pensare che l’orario giornaliero avrebbe dovuto coprire un arco di sette ore, ma le serrande rimasero alzate sovente dall’alba a sera inoltrata, in stato di necessità. Quanto volle instillare don Lorenzo Guetti con la pratica di uno degli insegnamenti fondamentali del cattolicesimo: la cooperazione, intesa come l’aiuto vicendevole fra persone che lottano contro le difficoltà di sopravvivenza. Ed è ciò che accade oggigiorno, all’interno di contesti di vita più agevoli, grazie a negozi di vicinato della cooperazione di consumo trentina. Se una delle maggiori critiche che le si rivolge può essere la scarsa competitività dei prezzi al dettaglio rispetto a quelli praticati dalla grande distribuzione organizzata, la presidente Rigotti ricorda: “Non operiamo esclusivamente secondo logiche di profitto economico, i nostri soci sono il valore aggiunto”. L’interesse dei singoli soci (quest’anno 183 per Ranzo) alla base della cooperazione, in quanto se il negozio esiste è grazie a loro: ieri, oggi e domani, a salvaguardia di un patrimonio della comunità intera. Lo aveva ribadito Diego Schelfi, presidente della Cooperazione Trentina: “Qui si punta allo spirito di servizio, alla funzione sociale rivolta alle persone maggiormente bisognose”.

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