Cosa c’è dietro l’Accordo tra USA e Cina

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Noi dell’Agenzia di Stampa Giovanile abbiamo parlato con Bolun Li, giovane attivista cinese venuto alla Conferenza della Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici. Il suo ruolo qui a Lima è come Osservatore. Bolun infatti fa parte di una ONG chiamata Global Youth Low Carbon Action, legata al Climate Action Network, rete di organizzazioni che si occupano principalmente dell’ambiente e dei cambiamenti climatici. In queste due settimane di Conferenza lui si occupa di tenere incontri al padiglione della Cina, partecipare ai side events e creare occasioni di incontro e scambio di idee e informazioni sul ruolo della Cina nei negoziati.Poche settimane fa è stato firmato un Accordo tra Stati Uniti e Cina sulla riduzione delle emissioni, di che cosa si tratta?Ogni anno i membri dell’Asian Pacific Economic Cooperation (tra i quali vi sono 21 Stati che si affacciano sul Pacifico) si incontrano per parlare di diverse tematiche. Quest’anno la sede del meeting è stata Pechino, il che ha spinto la Cina ad essere più propositiva ed approfittarne per promuovere un accordo con gli Stati Uniti. Pur non essendo il cambiamento climatico il tema principale dell’incontro, è stato firmato un accordo sulla riduzione delle emissioni. Quest’ultimi si sono impegnati a ridurre le emissione del 25-28% entro il 2025. L’amministrazione cinese ha invece un altro piano d’azione. L’idea è quella raggiungere il picco delle emissioni nel 2030, per poi iniziare dunque la loro diminuzione. Questo non significa che non siano già in atto delle politiche per la riduzione delle emissioni. Durante tutto questo processo la crescita economica continuerà comunque il suo sviluppo, però con un tasso diverso rispetto a quello delle emissioni (tasso che diverrà poi inverso quando nel 2030 l’economia crescerà mentre decresceranno le emissioni).Tu che cosa ne pensi?Abbiamo ricevuto critiche per esempio dall’Australia, scettica su come verrà raggiunto questo picco massimo e sul perché si debba aspettare ancora 15 anni. Ma io sono fiducioso e penso che già per la prima parte del 2015 il governo cinese avrà un piano dettagliato. Già da ora sta incentivando l’utilizzo di tecnologie per ridurre le emissioni. Il carbone ad esempio è molto utilizzato ma si sta cercando di cambiare la struttura verso fonti rinnovabili. Noi cinesi siamo molto grati che si parli di queste tematiche. La quesitone dell’inquinamento è infatti molto sentita e soprattutto nelle grandi città la qualità dell’aria e le difficoltà respiratorie sono un condiviso segnale d’allarme.In Cina c’è un sufficiente accesso alle varie informazioni e quindi un dibattito aperto sulla questione ambientale?Le persone hanno acceso alle informazioni date dal governo. Questo però non è visto come un limite, dato che la questione ambientale è molto delicata e le scelte tecniche non possono essere comprese da tutti. È anche vero che eventuali commenti negativi sono fermati e il governo non li fa leggere. Però l’accordo preso è stato apprezzato sia dentro che fuori la Cina, per cui non ci sono problemi da questo punto di vista.Quindi, c’è il coinvolgimento e l’interesse della popolazione sulle tematiche ambientali?Certamente. Le nostre città sono molto inquinate, in alcune si ha un inquinamento eccessivo per la maggior parte dell’anno, le persone fanno fatica a respirare e ci sono chiaramente malattie legate all’inquinamento. Dunque l’attenzione delle persone in questo senso è molto alta. Proprio per questo la maggior parte ha accolto con entusiasmo questo primo impegno del governo, nonostante per alcuni questo sia ancora troppo poco. Però quantomeno è un inizio.Qual è il coinvolgimento dei giovani nella tematica ambientale?Innanzitutto c’è una grande rete: il China Youth Climate Action Network che si occupa dei cambiamenti climatici e che fa parte del ClimateCivilClimate Action Network. Poi sono molte le associazione di Low Carbon Action, ovvero della riduzione delle emissioni che hanno contatti anche con diverse università cinesi. Ci sono inoltre molte associazioni che si occupano di ambiente e natura, altre che sono specializzate sul clima. Si organizzano attività culturali, lezioni di esperti su come proteggere l’ambiente e più in generale sulla situazione del cambiamento climatico. Poi c’è anche un’ampia rete di attivisti che supporta scambi e che organizza gli spostamenti per gli eventi come la COP20. Ad esempio sono qui presenti 20 studenti cinesi inviati per essere ambasciatori del clima e riportare poi in Cina una maggiore consapevolezza internazionale. Ci sono anche diverse partnership con Stati Uniti e Cina. Insomma, le iniziative non mancano!E l’educazione nelle scuole?Nelle scuole primarie statali non si organizza nulla di rilevante, mentre in quelle private ci sono dei programmi per sensibilizzare gli studenti sui temi ambientali. Alcune delle associazioni che si occupano di ambiente organizzano incontri nelle scuole per piantare alberi, tenere forum e incontri sui temi. Ci sono poi le unioni di studenti per la promozione di una consapevolezza ambientale.Ci sono dei meccanismi, come incentivi, che incoraggino gli investimenti privati sul risparmio energetico e l’utilizzo di energie alternative?Sì, ci sono alcuni meccanismi di incentivo come una riduzione delle tasse nel caso di alcuni tipi di investimento, però non ancora molto diffuso come meccanismo. Si sta puntando di più sulle industrie e sul Mercato del carbonio, ovvero facendo pagare un eventuale aumento di emissioni, comprando appunto questa possibilità sul mercato del carbonio. Ma serve ancora tempo per consolidare questi meccanismi, i tempi non sono ancora maturi. In conclusione, c’è ancora molto da fare, ma credo che la Cina si sia avviata nella giusta direzione.Alice TomaselliSilvia Debiasi
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