Il presepe studentesco

Al Centro di Formazione Professionale Veronesi di Rovereto un allestimento realizzato nelle ore di religione

Adesso che il presepe nell'atrio della scuola è quasi finito, pronto da mostrare ai genitori, lo sentono come una loro creatura: “Ma il prossimo anno faremo ancora meglio – dicono quasi in coro – non siamo arrivati in poco tempo a realizzare l'impianto di luci per il ciclo alba-tramonto. Ci aiuteranno le classi del settore elettrico, elettronico e meccatronico”. Intanto, in meno di un mese e mezzo, ci sono comunque le luci nelle case della Betlemme scolastica allestita al Centro Formazione Professione di Rovereto, dedicato all'ex sindaco Giuseppe Veronesi, che sarebbe probabilmente felice del lavoro dei suoi allievi.

Un'idea sorprendente – soprattutto in anni in cui talvolta la polemica sui segni religiosi nelle scuole ha tirato in ballo anche il Bambinello – recepita con entusiasmo dall'insegnante di religione Antonella Zeni: “Il presepe realizzato dai ragazzi si è rivelata un'occasione per affrontare alcuni argomenti che non è facile trattare con gli adolescenti. Sono stati portati ad approfondire le nostre origini culturali e religiose”. Già, perchè prima di metter mano a fondali, muschio e statuine, i ragazzi hanno dovuto documentarsi sui racconti del Vangelo, su elementi geografici e storici del tempo, sull'impero romano e le usanze religiose ai tempi di Gesù”. L'impresa si è fatta interdisciplinare, puntando a realizzare poi il presepe con la proprie mani e pochi strumenti elementari. “Per le casette – osservano i ragazzi della I° Meccatronica – abbiamo utilizzato materiali edili come il polistirene estruso, quello che si usa per la coibentazione delle abitazioni”. “Per il corpo dei personaggi invece – interviene la compagna Angela – abbiamo usato filo di ferro con carta mani per rendere il corpo più cicciotello. Per il volto il Das e per i vestiti abbiamo rubato un po' di stoffa a casa”. E poi via con forbici e colla a caldo mettendo in gioco quella manualità che spesso manca nelle nostre aule e che invece è benedetta in questa scuola dallo slogan impegnativo: “Insegniamo la cultura del fare”.

Ci spiega la dirigente scolastica Laura Scalfi, giustamente orgogliosa della novità presepe: “Da quest'anno a scuola abbiamo introdotto il metodo d'insegnamento di origine americana noto come PBL (sta per Problem based learning), centrato sull'allievo. Esso parte proprio da un problema che innesca il processo di apprendimento”. E i problemi da risolvere non sono mancati nelle varie fasi dell'allestimento palestinese, mettendo a confronto anche le competenze acquisite nelle varie materie scolastiche. “Per la colonna sonora – esemplifica Davide – abbiamo composto una lista di quindici brani, alcuni tradizionali, altri meno”. L'impressione è che nel guardare alla loro capanna i ragazzi si siano lasciati inevitabilmente coinvolgere, futuri artigiani sulle orme di quel barbuto Giuseppe.

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