L’ultimo Natale di guerra sul Pristol

La minaccia costante delle incursioni e dei bombardamenti notturni di “Pippo”. Ma la notte della vigilia…

Era l'ultimo Natale di guerra del 1944. Io, mia madre e le mie due sorelle eravamo sfollati da alcuni mesi sulla sommità del Pristol, a Lavis, in casa della nonna Emma, madre di mio papà che era ancora internato in Germania e lavorava in una fabbrica di mattoni. Eravamo ad una manciata di passi proprio dal primo ingresso del Rifugio antiaereo scavato, a tempo di record, nella dura roccia. Potevano starci in casi eccezionali duemila persone. Dicembre era già iniziato e, malgrado i bombardamenti quasi giornalieri e la fuga da casa per rintanarsi nel vicino rifugio, si pensava già alla costruzione del presepe all'interno dell'atrio d'ingresso in casa della nonna. Tutto il tradizionale "cantiere" era possibile grazie all'aiuto della mamma, delle due mie sorelle, della nonna e anche dello zio Guido, scampato in tempo e rientrato dal servizio militare che aveva fatto a Bolzano.

Era stato proprio lo zio a raccogliere il muschio e le grandi cortecce presso il bosco di famiglia sulla collina di Giovo, vicino ai Devigili e a Maso Rumega.

La capanna era quella in corteccia che adoperavamo da qualche anno e le statuine in terracotta colorata, aggiornate ogni anno con qualche nuovo personaggio in più, erano quelle acquistate presso il Bazar della Carmela Merlo, situato proprio all'inizio della salita del Pristol, poco sotto casa nostra.

Intorno alla capanna si creava la consueta illuminazione con alcune candele recuperate dalla processione notturna del venerdì santo. C'erano anche due piccole lanterne a petrolio del carretto dello zio e anche una vecchia ed artistica lumiera trasparente, tutta di vetro con il lungo tubo color verde che creava un effetto davvero speciale. All'occorrenza erano stati portati dal vicino rifugio anche due lumini a carburo: accesi, creavano una scenografia fumogena che saliva proprio da dietro la capanna.

In mezzo alla stanza non c'era ancora il lampadario e lo zio voleva collocare una lanterna da carro più grande con dentro una lampadina elettrica da ben "5 candele" , quindi non proprio luminosissima! E qui sorse il problema dei problemi per l'accensione di tutte queste luci, specialmente la sera e di notte, quando si ripetevano ormai da mesi le pericolose incursioni dell'ormai famoso "Pippo". Quell'aereo misterioso e sconosciuto ai più sorvolava puntualmente l'intera zona, sempre di notte, bombardando e mitragliando dove vedeva anche un barlume o un segnale di luce proveniente dalle case.

Quando scendeva la sera, all'interno delle abitazioni tutti coprivano finestre e porte con grosse coperte e sacchi scuri, perché non filtrasse all’esterno alcuna luce.E numerose erano le storie fiorite intorno a quell'aereo misterioso chiamato appunto "Pippo". Si diceva che fosse un bimotore oppure un monomotore, un ricognitore, un trucco degli alleati oppure dei tedeschi… Forse aveva delle missioni da compiere per conto di qualcuno. Sembrava sganciare le bombe senza una destinazione precisa; i suoi bersagli preferiti erano le fonti di luce, anche quelle più fioche: bastava una lanterna sotto a un carro. E nelle case, compresa la nostra, al calar della notte si diceva sempre e puntualmente: “Spegni la luce, che arriva Pippo!”. Il nostro presepe passò comunque alla fase della lavorazione e della creazione, con noi tutti intorno al grande tavolo a dar consigli, a toccare, ad accomodare qualcosa, ad aiutare lo zio e la mamma, i veri artefici-realizzatori.

Per l’illuminazione della nostra "creatura" si posizionò e si collocò tutto quanto come previsto quando era ancora giorno, tra un urlo della sirena d'allarme e il rientro dal rifugio. Per la prova generale dell'illuminazione si pensò bene di programmare il tutto nel corso di una serata, nel dopocena e dopo la funzione del rosario che si teneva in chiesa (naturalmente "Pippo" permettendo). Si andava tutti quanti. Rimanevano a casa a turni alterni la nonna o la mamma. Anche perché ogni tanto veniva a farci visita un soldato tedesco che poi ci accompagnava a casa dopo la funzione e coglieva l'occasione per assaggiare un bicchiere di vino caldo del nonno. Si chiamava Friedrich ed era di stanza presso il comando delle S.S. alloggiato nel palazzo dei Conti Melchiori ex Monfort in via Filzi, vicino alla Caserma dei Carabinieri. Quel soldato era una buonissima persona, intorno alla cinquantina, e ci raccontava sempre della sua famiglia lasciata a Monaco: la moglie Adeline ed i tre figli Christian, Margaretha e Petra, mostrandoci anche le foto ingiallite dal tempo che teneva sempre nel taschino della divisa, vicino al cuore. Friedrich era appassionato del bel canto e anche di musica sacra: ecco perché andava sempre alle celebrazioni nella chiesa arcipretale e in particolare alla Messa cantata dal coro parrocchiale. La sua canzone preferita e di famiglia era il classico "Stille Nacht" (“Astro del Ciel”), che lui cantava rigorosamente nella sua lingua madre, quando veniva a trovarci sul Pristol. E arrivò anche la settimana prima di Natale.

Quasi tutti i giorni puntualmente dopo mezzogiorno veniva bombardato il Ponte dei Vodi. La sera arrivava "Pippo" con il suo solito rumoroso ronzare sopra alle case. Proprio in piazza Loreto fece qualche danno vicino al Panificio Comunale, caddero schegge che sconquassarono anche una casa vicino alla piazza e alcune finestre.

Noi sul Pristol attendevamo intanto la prova generale del presepe e con ansia si aspettava che terminasse la Messa natalizia, celebrata all'interno del rifugio dall'arciprete don Celestino per tutta la comunità. All'uscita dalla Messa, per terra si notavano già alcuni indizi di neve. Il cielo prometteva una nevicata proprio per la notte di Natale che stava arrivando. Contentezza quindi non solo per la neve che stava arrivando, ma anche perché quella notte, con il brutto tempo e il cielo coperto, l'aereo del "Pippo" non sarebbe venuto a trovarci.E fu veramente così: la nevicata copiosa ed improvvisa, ma provvidenziale, aveva contribuito anche ad allontanare l'indesiderato "Pippo" dai suoi bersagli tradizionali.

Inutile dire che abbiamo acceso tutte le luci intorno al presepe, compresa la lanterna centrale sul soffitto. L'atmosfera era perfetta: nevicava e la notte di Natale si avvicinava. Bussano alla porta e arriva anche Friedrich per fare gli auguri a tutti, per noi bambini ci sono anche le cioccolate "Hergestellt in Deutschland". Il nostro amico tedesco, dopo aver ammirato le luci e le lanterne tutte accese, intona commosso "Stille Nacht! Heilige Nacht!" e noi lo accompagniamo, prima sommessamente e poi in crescendo: "Alles schläft, einsam wacht / nur das traute hoch-heilige Paar…”.

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