Quando il dono non è scambio

Le opere, provenienti dalle collezioni del Castello e di Castel Thun, esaltano il valore del donare gratuito

In una società segnata da un accentuato individualismo e con tratti di narcisismo, egoismo, egolatria che la caratterizzano, viene da pensare che si è assai ristretto, e in certi casi quasi non c’è più, il posto per il dono ma solo per il mercato, lo scambio utilitaristico. Addirittura c’è chi ritiene che frequentemente il dono sia solo un modo per simulare gratuità e disinteresse là dove regna invece la legge del tornaconto. In un’epoca di abbondanza e di opulenza si può addirittura praticare l’atto del dono per comprare l’altro, per neutralizzarlo e togliergli la sua piena libertà.

Se anche solo in parte tali considerazioni sono vere, allora ben venga una mostra come quella recentemente inaugurata negli appartamenti clesiani del Magno Palazzo che, oltre a costituire un’occasione preziosa per vedere opere d’arte solitamente non esposte nel percorso del museo, e quindi riscoprire il ricco patrimonio del Castello del Buonconsiglio, è un modo per ripercorrere ”dal vero” il valore del dono e del donare nei secoli scorsi.

Si tratta infatti di un’articolata selezione di opere d’arte provenienti dalle collezioni museali del Castello del Buonconsiglio e di Castel Thun, accomunate da un originale ed esplicito filo conduttore: rappresentare doni d’arte. Per maggiore chiarezza espositiva (che non vuol affatto dire pedanteria didattica) sono state suddivise in nove categorie: doni d’amore, nuziali, familiari, galanterie, d’occasione, nefasti, dei Pastori, dei Re Magi, sacri. Si tratta di oggetti in vetro, ceramica, porcellana, osso, avorio, argento, ma anche tessuti, incisioni, affreschi e dipinti, dal XV al XX secolo. Sono presentati come chiave di lettura della società che li ha prodotti e ne ha fatto espressione di affetti privati, interessi pubblici, familiari o dinastici, manifestazione individuale di ospitalità e di valori cristiani. Si tratta di oggetti belli, rari, preziosi, esclusivi e talvolta, per il nostro tempo, curiosi e desueti. Spesso sono anche carichi di una dimensione funzionale: sono ad esempio tabacchiere, curiose raspe da tabacco, posate, piatti, ciotole, ventagli, centrotavola, fermagli, scrigni e cofanetti.

Ad accentuarne il significato profondo sono posti in collegamento con opere raffiguranti l’atto del donare e personaggi-simbolo del donare. Ad esempio i pastori e i Re Magi che portano cibarie e, rispettivamente, oro, incenso e mirra a Gesù Bambino, ovvero san Martino di Tours che taglia il suo mantello per donarne un lembo al mendicante. Non sempre il dono è un oggetto e un gesto connotato positivamente, anzi, e in quei casi diviene particolarmente intrigante. Basti pensare alla mela di Adamo ed Eva o alla testa di Giovanni Battista posta sul vassoio di Salomè.

Da segnalare infine il nitido catalogo, primo numero della collana “Castello in mostra” al quale hanno contribuito, oltre alle curatrici Laura Dal Prà e Francesca de Gramatica, fra gli altri, anche Alessandro Casagrande, Silvano Zamboni, Emanuela Rolladini, Francesca Jurman e Claudio Strocchi. Giustamente sono stati posti in evidenza il complesso concetto di xenía (ospitalità e dono nel mondo greco antico) e l’emblematica immagine delle Tre Grazie, antico simbolo del “donare, ricevere e restituire”: l’una, dal volto nascosto, vuole indicare che chi dona deve farlo senza ostentazione; un’altra si mostra apertamente, perché chi riceve lo deve manifestare pubblicamente; la terza mostra un lato del volto e nasconde l’altro per rammentare che il beneficio ottenuto va ostentato, ma celata la sua restituzione.

La mostra

Trento, Castello del Buonconsiglio, fino al 22 marzo 2015, tutti i giorni (chiuso i lunedì, il 25 dicembre e il primo gennaio), dalle 9.30 alle 17. Informazioni: www.buonconsiglio.it.

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