Due chiodi in croce…

L'arte fantasiosa di Diego Zeni che a Isera ricava dal ferro vecchio eloquenti opere d'arte. Con le forchette trasformate in gioielli sostiene una missione in Africa]

Dalla vite, la vita. Ma anche dal ferro, quando c'è la passione di tirarla fuori, con la forza della fantasia nelle mani. Si esce estasiati e ritemprati dalla casa di Diego Zeni, un portico oggi sbiancato di neve nella ridente Folaso, frazione di Isera in Vallagarina.

Zeni ti apre le porte del cuore, ed è un trapianto rigeneratore. Riesce a far rivivere la materia fredda, inanimata. Come un attrezzo abbandonato, un chiodo arrugginito, apparentemente inutile. E invece no, lui ci legge dentro un'opera, intravede un messaggio, gli dà voce come nessun altro. E' una vocazione, affiorata forse ancora a dieci anni in gita scolastica quando gli diedero in mano una corteccia d'albero: tutti fecero una barchetta, dalle sue mani uscì invece un originalissimo capitello.

“Sono 45 anni che ruspo”, confessa davanti al nostro stupore per l’abbondanza di opere ben esposte nella sua casa, museo contadino. Quel “ruspare” vuol dire ricerca gioiosa e inesausta, come se ogni pezzo facesse storia a sé, custodisse un segreto. Ecco lo zappino che mette la divisa del fante inglese, un rubinetto che si trasforma nella Lucia dei Promessi Sposi, l’ascia per tagliare “La fiorentina” (titolo dell’opera che vedete in copertina) trasfigurata in un volto di donna dal collo Modigliani. Dà valore anche al materiale più povero, “l’è do ciodì ‘n cros”, come si dice in dialetto, ma da quei due chiodi in croce Zeni riesce ad ottenere un artistico crocifisso: basta un po’ di opaca vernice trasparente ed è pronto il capolavoro. Tale, ad esempio, è il dialogo fra due innamorati, una zappa e un zappino, dalle forme anatomiche.

Gli piace, da artista gioviale, giocare con le parole: ha intitolato “Energia vinale”, invece che vitale, una raggiera che scaturisce da un grappolo, mentre il “Canchenhaus” (tedesco storpiato) ma è un inedito caseggiato realizzato con i “cancheni” delle porte, altro che un ospedale! Una ruota di mitraglia della prima guerra mondiale serve per “La morsa umana”, mentre le maniglie della vecchia canonica si traducono in un xxxxxxx

E' la rinascita degli oggetti della fatica agricola – raccolte nella serie “Zappe collection” – del lavoro edilizio (come le biglie utilizzate per macinare la ghiaia e passategli da Glicerio Vettori per ricavarne forme rotonde) fino agli oggetti bellici – meriterebbero una mostra a tema – riconvertiti in presepi o simboli di pace: “Guardate questa scheggia di bronzo, non ci vedete il volto di una tredicenne?”, c'interroga Zeni, con la gioia di un bambino che scopre per la prima volta un tesoro.

Nonostante un carnet di mostre e recensioni lusinghiere, Diego Zeni non ama narrare di sé, lascia parlare le sue opere. E loro si muovono: ecco la ballerina che – grazie ad un sapiente gioco di leve – riesce a concedere una danza, un valzer, perfino col casquè. “E' un'opera interattiva”, commenta con aggettivo moderno, anche se il vero dialogo fra creatura e creatore resta incomprensibile.

Scendiamo nell'officina laboratorio, sorpresa! Diego afferra un tondino metallico e – in meno di un minuto – lo trasforma magicamente con le mani e due colpi di martello in un'artistica chiave di sol, musica da vedere.

Altro che battere il ferro finché è caldo! Zeni riesce a dare calore alla materia fredda, natura morta. Col sostegno della sua famiglia – moglie e figlia sono le prime estimatrici – realizza anche lavori su commissione. Ma il suo sogno (ne parliamo a parte) sarebbe inserirsi sul tema contadino dell'Expo di Milano, trasformando in alimenti di ferro alcuni attrezzi agricoli.

Una predilezione – quasi fosse il “Soldatino di piombo” della nota favola – sembra nutrirla per l'oggetto di uso più quotidiano, la forchetta, con la quale ha dato vita ad una vera linea di originali gioielli, “PironArt” (dal dialettale “pirona”) che presenta in varie occasioni espositive riuscendo così a raccogliere fondi per i poveri dell'Africa. “Ho sempre cercato di sostenere come potevo l'attività di mio zio, fratel Clemente Maino, missionario concezionista che gli africani chiamavano Dokita. All'associazione da lui fondata con questo nome faccio arrivare i proventi di quest'attività artigianale”. Ecco perchè dal ferro nasce nuova vita, ecco perché l'arte di Zeni acquista un valore aggiunto. Vi si dedica in questi anni da pensionato, dopo aver colto gli echi delle gioie e della angosce degli uomini nell'attività di portalettere a Isera. Ora sono le sue opere a lanciare messaggi, che meritano di essere accolti e ascoltati.

[Una proposta per l’Expo

Poter presentare nel padiglione trentino dell'EXPO 2015 a Milano una sua opera con oggetti agricoli trasformati in cibo o prodotti alimentari di ferro: è il sogno che Diego Zeni vorrebbe presentare ai responsabili della promozione trentino e che lanciamo con forza da questa pagina

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