L’arte della relazione

SOMMARIO: Per Finisterrae Teatri nuova sede e nuovi percorsi artistici e di socializzazione

Molto più di una nuova sede. Finisterrae Teatri ha presentato alla città un nuovo spazio, dal nome curioso. Pituit studio d’arti si trova a Trento in via Aosta e vuole essere un contenitore in cui l'associazione proporrà percorsi e momenti che ruotano attorno al teatro, al canto, alla voce e vanno a toccare e coinvolgere la pedagogia e la socialità. Camilla da Vico, direttrice artistica, racconta a radio Trentino inBlu obiettivi e ambizioni di questo nuovo centro.

Da Vico, iniziamo dal nome, enigmatico?

Siamo partiti dall'etimologia della parola Arti. Abbiamo scoperto che vuol dire cammino, muoversi verso. Sono linguaggi che ci devono portare da qualche qualche. Un senso che un po' è anche nel nome Finisterrae che è un luogo-nonluogo, un limite, una frontiera. La parola “arti” contiene l'idea della ricerca: io mi muovo, vado verso qualcosa. C'è l'idea di relazione e di qualcosa che deve sempre cambiare, deve andare avanti, non è mai compiuto. Ecco, l'arte deve essere il contenitore di questo luogo di relazioni, di cammino verso… Verso la voce, ad esempio. O verso la relazione tra genitori e bambini. Noi con il teatro ragazzi abbiamo sempre messo in primo piano la relazione con l'infanzia che è essa stessa un luogo-limite. E' fragile, preziosissima, insegna molto.

La parte più curiosa del nome è Pituit…

Pituit è una pagina del libro “Mattatoio N.5” di Vonnegut: il protagonista esce dal suo rifugio dopo la distruzione di Dresda e attorno a sé vede il deserto, solo macerie. Pensa che il mondo sia finito, ma proprio in quei momenti sente il canto degli uccellini e prova a trascrivere quel suono: putiuit, putit, pituit… Ricorda il canto degli uccelli: ha in sé la leggerezza, la delicatezza e la gioia del canto ma è anche un invito profondo a recuperare questa gioia, rivolto a tutti. Questa tra l'altro è una storia vera, è un sopravvissuto. E questa parola rende il libro leggerissimo nonostante ci parli di una tragedia indicibile. Pituit vuole essere un invito alla vita, alla bellezza, alle relazioni, all'arte.

Lo studio d'arti è ora una vetrina su Trento: per farvi vedere o per vedere la realtà?

Il vetro disegnato da Mirka Perseghetti è una frontiera tra far vedere e vedere. E' un po' coperto ma forato da un'immagine bellissima delicata: un albero con delle foglie e uccellini che in negativo bucano la copertura del vetro. Per cui è protetto visivamente, ma aperto. Con tanti spiragli, tante porte verso l'esterno ma anche verso l'interno: fanno passare la luce, la vita che c'è fuori.

Luogo di scambio dunque, si può entrare e uscire. Ma dentro di fatto cosa succederà?

In particolare ci sono le lezioni di funzionalità vocale, individuali o di gruppo. Sabato 7 febbraio già partirà storie d’inverno, laboratorio per genitori e bambini per fare, giocare, raccontare insieme. Più avanti ci saranno proposte sul canto, sul gregoriano in particolare: riscoprire forme di canto dove il suono coinvolge voce e corpo. La voce è ciò che ci mette in contatto con gli altri e attraverso la voce passano le nostre emozioni: è una carta d'identità, ci racconta.

Quindi percorsi per tutti, non solo per chi poi la voce la usa per lavoro?

La voce l'abbiamo tutti. E tutti dobbiamo chiederci se la usiamo al 100%. In questi anni abbiamo incontrato tante persone che avevano il sogno nel cassetto di provare ad usare la voce in ambito artistico. Si sono messe in gioco e abbiamo aperto insieme quel cassetto.

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