Da 30 anni il convento “aperto”

A Cles cominciava nel 1984 l'accoglienza di persone in difficoltà, che ancora oggi svolge un servizio apprezzato

“L’attenzione e la cura degli ‘ultimi’ è nel DNA dell’Ordine dei Frati Minori, iniziando proprio da san Francesco e la sua predilezione per il poveri, specialmente per il lebbrosi”. Con queste parole il padre guardiano del convento di Cles, Germano Pellegrini, ha avviato le celebrazioni dei 30 anni della comunità terapeutica, alla presenza del vescovo mons. Luigi Bressan e di molte autorità ecclesiastiche e civili. Era stata allestita per questo “compleanno” importante di lunedì 20 aprile la sala di accoglienza all’interno di una serra, in mezzo ai fiori e alle piante.

L’Arcivescovo nella sua omelia ha messo in luce l’importanza di questa struttura nella prospettiva evangelica e francescana che dà modo a molte persone di riacquistare dignità e la possibilità di ricostruire una vita, guarendo dalle situazioni di disagio. È intervenuto anche il provinciale dei francescani, padre Francesco Patton, che ha specificato le caratteristiche dell’accoglienza francescana.

Il padre guardiano ha relazionato sui 30 anni di accoglienza del convento, mentre il direttore della casa accoglienza e dell’azienda del convento, Andrea Cattani, ha illustrato ai presenti l’operato e l’impegno profuso in questi anni per migliorare il servizio e adeguarlo alle nuove esigenze. La sindaca di Cles Maria Pia Flaim e il presidente della Comunità di Valle, Sergio Menapace hanno sottolineato l’importanza di questo punto di accoglienza. E’ nata nel 1983 all’interno dell’ordine l’esigenza di adoperarsi per aiutare le persone vittime di situazioni di disagio. Nel 1984 hanno dato vita a questa Comunità di accoglienza il guardiano, fra Cesare Francescotti, fra Modesto Comina, fra Tiziano Donini, fra Fausto Giovannini, fra Prospero Pecoraro e fra Giuliano Birti. I 3 mila metri quadrati di frutteto del convento furono convertiti in vivaio per ortaggi, piante ornamentali e erbe medicinali; fu costruita la prima serra e i tunnel per la coltivazione dei fiori. Un vecchio rustico venne adattato a deposito e laboratorio e in seguito fu costruito un punto vendita. Le celle dei frati furono adattate a ospitare coloro che affrontavano un cammino in comunità. In un primo tempo questa novità portò dei malumori fra i clesiani e anche fra i religiosi, che furono superati con il tempo.

I primi ospiti entrarono in comunità il 17 dicembre del 1984 indirizzati dal Centro di igiene mentale. ”Da allora la Comunità – scrive fra Ciro – ha ospitato persone che qui, in una profonda continua esperienza di vita comunitaria che non accetta imboscati o poltroni, hanno cercato di dare una svolta alla propria vita. Alcuni di loro ci sono riusciti, hanno cambiato totalmente la loro esistenza e ora vivono, riconoscenti, nelle loro case ”.

In questi 30 anni la Comunità ha ospitato 500 persone, per periodi variabili da qualche settimana fino a due anni. Ora va dai 10 ai 15 il numero degli ospiti – la Provincia ha ristretto l'accoglienza ai residenti in Provincia, seguiti dai servizi sociali – alle prese con problemi di emarginazione, povertà, dipendenze o solitudine, ma per scelta di principio la Comunità nell’accogliere nuovi ospiti non guarda al loro passato.

Al mattino alle 8 c’è un incontro generale con gli ospiti, per la programmazione; seguono fino a mezzogiorno le varie attività di agroterapia (e non solo), che riprendono nel pomeriggio dalle 14 alle 18. Le attività prevedono manutenzione ordinaria e pulizia della casa,aiuto in cucina e in punto vendita, lavori in azienda agricola per floricultura e vivaismo, disponibilità per colloqui personali e verifiche periodiche con i servizi sociali. A condividere l’intera giornata con gli ospiti restano i religiosi francescani ma dal 2010 la responsabilità della direzione della Casa accoglienza e dell’azienda agricola è passata ai laici, sotto la direzione di Andrea Cattani.

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