L’Aquila ancora terremotata

I progetti di ricostruzione vanno a rilento condizionati da burocrazia, dalla crisi economica e qualche scandalo

L'Aquila, 18 aprile 2015 – Il capoluogo dell'Abruzzo porta su di sé in maniera pesante le gravi ferite del terremoto della notte del 6 aprile 2009, seppure composte o bloccate da strutture di contenimento, putrelle, ponteggi e palizzate. Eppure l'Aquila si appresta ad accogliere dal 15 al 17 maggio prossimo l'88° Adunata nazionale degli Alpini (e migliaia di trentini). Il tricolore domina già su tutte le vie di accesso e lungo le strade del centro storico martoriato dove si snoderà la sfilata di domenica 17. Le penne nere, ci dicono gli aquilani, sono attese anche per un'attestazione pubblica di riconoscenza per il lavoro svolto durante la prima emergenza. Come il Gruppo trentino dei Nuvola che ha operato per quasi un anno in vari centri, alla periferia della città, nell'allestimento di prefabbricati, chiesette e centri polifunzionali, molti dei quali frutto di donazioni delle comunità valligiane. “Le strutture allestite dai trentini – riconosce la gente con molta franchezza ed emozione – resistono, rispetto ad altre che danno già segni di cedimento”.

L'adunata allunga le celebrazioni del sesto anniversario del sisma del 6 aprile quando alle ore 3.32 la terra ha tremato provocando 309 morti, oltre 1.500 feriti e miliardi di danni alle costruzioni, molte delle quali crollate, altre danneggiate; una scossa preceduta da uno sciame tellurico sottostimato, oggetto di accese polemiche e di vertenze giudiziarie dalle sentenze contestatissime. Piccoli paesi, come Onna, sono stati cancellati dalla carta topografica. Le denunce e i processi del dopo-terremoto hanno spesso sovrastato il lavoro paziente e difficile, portato avanti, pur fra alti e bassi, degli aquilani, che reclamano maggiore e più obiettiva considerazione, nonché una rinnovata solidarietà.

Lo hanno fatto anche nello scorso fine settimana al convegno nazionale della Federazione italiana della stampa cattolica (Fisc) che associa più di 200 testate diocesane; circa 200 colleghi di tutt'Italia hanno ascoltato le testimonianze di protagonisti di quella terribile notte, i cinque vescovi dell'Abruzzo, cronisti di settimanali, quotidiani locali e nazionali, direttori di testate radiotelevisive, vertici dell'Ordine dei giornalisti e dell'Ucsi, fotografi, telecineoperatori, politici, privati, cittadini in un confronto con le storie di terremoti vissute altrove, in Friuli e in Emilia. Una circolarità di contributi che dovrebbe segnare un cammino di condivisione e corresponsabilità fra comunità anche per il futuro, tenendo presenti sinistri, conseguenze sugli uomini e sulle cose. La ricostruzione fisica del patrimonio edilizio ed artistico danneggiato, ma soprattutto quella umana, psicologica e spirituale dei sopravvissuti che resistono alla tentazione dell'esodo dalla zone sinistrate. “Non si è trattato di una scelta casuale – ha spiegato all'inizio dei lavori il presidente nazionale Fisc, Francesco Zanotti – ma della volontà di “farsi prossimi” a questo territorio che sconta ancora le ferite del sisma e dell'occasione per riflettere sulla ricostruzione che procede con lentezza per questioni burocratiche e finanziarie a causa della sopraggiunta crisi economica finanziaria, mentre resta alta la guardia contro le infiltrazioni mafiose”.

Mons. Giuseppe Petrocchi, vescovo dell'Aquila, ha invitato gli operatori dell'informazione ad una “lettura sapienziale degli eventi che ci guardano e ci toccano”, pensando al settimanale cattolico quale luogo dove si crea la tessitura dell'incontro e dove si genera aria di famiglia, una cultura di comunione per un giornalismo di prossimità.

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