Il tempo prezioso

Relazioni di cura e responsabilità etica: le riflessioni emerse al convegno rivolto a studenti e operatori socio-sanitari

Come “so-stare nella relazione di cura…?” e qual è il gioco della responsabilità etica nell'intreccio tra informazione, conoscenza e scelta consapevole? Questi gli interrogativi intorno a cui una sessantina di operatori socio-sanitari si sono confrontati nei due giorni del seminario di studio che si è tenuto il mese scorso a Terzolas, promosso dall'Acos (Associazione cattolica operatori socio-sanitari) di Trento. “Un’occasione per 'staccare' e guardare dall'esterno al proprio ambiente di lavoro e di vita, e, al di là delle intenzioni formative esplicitate nel programma, per stabilire relazioni e confrontarsi”, riconosce una partecipante.

Il seminario ha offerto a professionisti della salute e studenti delle discipline sanitarie e socio-assistenziali, l'opportunità di riflettere sulla centralità dell'etica nelle relazioni di cura a partire da una riflessione sulla responsabilità cui si è chiamati quando ci si prende cura di qualcuno, quando l'altro, nella sua situazione di vulnerabilità, "ci interpella", ci sollecita a risponder-gli/le direttamente o indirettamente. “Tutto il nostro essere persona e non solo professionista sono parte integrante del nostro operato nelle relazioni di cura, e consapevolmente investiti della nostra serenità, limiti, risorse, empatia, costanza e coerenza, Forniti di questo bagaglio ma non solo, possiamo conoscere noi stessi ed essere pronti a conoscere l'altro compensandone l'integrità e dignità.

La relazione tra persona malata e curante non dev'essere né di tipo paternalistico (cioè gerarchica-verticale e asimmetrica, in cui il soggetto si affida totalmente al curante, detentore delle informazioni), né di tipo contrattualistica, in cui il curante dà le informazioni e il curante deve scegliere, ma viene by-passata la fase di conoscenza. Si dovrebbe 'di-venire', hanno riflettuto i partecipanti, ad un modello dove la relazione da verticale passa ad orizzontale e circolare in un continuo scambio tra curante e malato, sia di informazioni che di valori. Questo dialogo continuo produce conoscenze e può portare ad una scelta veramente consapevole e libera e quindi autonoma del malato.

Cosa significa 'so-stare' nelle relazioni di cura? Oggi il minuto in più è regolamentato, il tempo per mettere la divisa è monetizzato, la richiesta di maggior impiego nella relazione è sempre più compresso e il tempo 'cronometrato' non si trasforma in 'Kairos' , dove ci si può prendere il tempo che serve . “Ho capito quanto sia facile e consueto mal interpretare le parole del nostro interlocutore e quanto sia importante soffermarsi serenamente sugli argomenti poco chiari. Fare domande ed elaborare le risposte fino ad arrivare ad una conoscenza per scelte consapevoli. Dietro le attività frenetiche si cela insicurezza e un senso di inferiorità che nel 'fare' trovano compensazione e senso di utilità”, testimonia un'altra partecipante.

Sarebbe bello svegliarsi una mattina, è stata la condivisione dei partecipanti, e apprendere che non si guarda più l'orologio, che i medici hanno fatto della disponibilità una regola, che nei concorsi per primario le commissioni valutano anche umanità e generosità del candidato, che i direttori dei distretti si mettono in fila agli sportelli per capire le difficoltà di chi è in attesa, che chi progetta una struttura sanitaria sente prima i bisogni degli ammalati: i piani per la salute funzionano se si è attenti anche a queste cose.

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