Le forme del burro

I tratti decorativi degli stampi diventano la chiave di lettura delle tradizioni alpine

Tra le attività artigianali più particolari delle nostre valli, molte delle quali passate in rassegna anche quest'anno al Parco dei Mestieri della Montagna, l'ultima fatica editoriale di Danilo Valentinotti racconta quella delle forme da burro. Il volume si intitola “Legni da burro. Marche, decori, stampi”, (ed. Saturnia), e, come i tre precedenti lavori dell'autore, mette in luce i profondi legami tra arte materiale e cultura delle popolazioni alpine. Decorare il burro, infatti, era un’arte rituale, che rispondeva a una dimensione culturale dove i segni assumevano un carattere propiziatorio, scaramantico, di gratitudine e riconoscenza.

L'autore ci porta nella conca di Fuciade (San Pallegrino), nel cuore ladino delle Dolomiti, alla scoperta della sorprendente collezione di forme da burro di Sergio Rossi, titolare del Rifugio Fuciade: circa 500 formelle in legno, databili tra la fine del '700 e il 1950.

“L’anima delle forme”, sostiene lo stesso autore, è il nodo focale di questo lavoro di ricerca: il concetto di superamento della pura funzionalità di questi strumenti da lavoro viene sottolineato anche da Giovanni Kezich, direttore del Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina di S. Michele, nella prefazione al volume. Questi stampi raccontano, attraverso le forme e i decori, un sistema agricolo-pastorale ormai al tramonto, testimoni di una quotidianità antica intrisa di religiosità, superstizione e magia.

Il progetto editoriale dell'autore si avvale del prezioso contributo di Stefano Dell'Antonio (con le sue interviste all'ultima generazione di contadini-pastori delle valli di Fiemme e Fassa), del bel lavoro fotografico di Francesco Pernigo e dei disegni a matita di Marina Navarini, che in cinquanta tavole a matita riproduce in maniera magistrale le finezze delle decorazioni.

Il decoro rivela la forte spiritualità di cui sono messaggere queste forme, pervase da contenuti scaramantici e sacrali. Il cuore, la croce, i monogrammi cristologico e mariano, stampati nel burro, ci restituiscono i caratteri di una religiosità istintiva e coerente, che trovava posto anche nei gesti più semplici della vita quotidiana.

L’impeto del progresso, con l’avvento della tecnologia, ha reso queste forme strumenti superati, obsoleti. Il segno e il decoro svaniscono, l’identità culturale e artistica si omologa fino a perdere la propria spiritualità, in un processo di secolarizzazione dell’identità della popolazione alpina che si colloca in un più generale impoverimento culturale.

Anche in nome delle generazione più giovani, ormai estranee alle tradizioni e ai valori della montagna, questi legni da burro, “scrigni di memoria”, testimoniano una dimensione che, come sottolinea più volte lo stesso autore, non deve andare perduta.

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