La cultura del vino

180 capolavori da oltre 90 tra grandi musei e collezioni italiane e straniere. Un progetto espositivo di grande suggestione

Una massiccia presenza di opere dei musei trentini arricchisce la mostra intitolata “Arte e vino”, in corso al palazzo della Gran Guardia a Verona. Si inizia dalla “Sicula” di Cembra – località Caslir – del IV secolo a.C.(un bacile con lamina in bronzo dall’altezza di 28 cm) proveniente dal Castello del Buonconsiglio, per passare poi alle due tele di Fortunato Depero: “Riti e splendori d’osteria” e “Il bevitore di Anacapri”, ambedue dal sapore cubista e dai colori sgargianti, provenienti il primo dalla Cassa Rurale di Rovereto e il secondo dal Museo delle Eccellenze Artistiche e storiche di Pieve di Cento. Il museo di Ravina (collezione Navarini) ha prestato sei opere di manifattura preziosissima risalenti al XVI-XVIII secolo composte in rame battuto, sbalzato e cesellato, raffiguranti una fontana da vino ad anfora, una brocca con decori vegetali e zoomorfi, una fiasca da vino con tralci e grappoli d’uva, uccelli e motivi vegetali stilizzati. Immancabile la presenza del Mart con le note tele di Mario Sironi (“Natura morta con tazza blu”), di Filippo de Pisis (“Natura morta” e “Natura morta con bottiglia”) e di Giorgio Morandi (“Natura morta”, 1914).

La mostra “Arte e Vino” di Verona, aperta fino al 16 agosto, esalta questo connubio nella produzione artistica del Sacro, nella grande tradizione classica, rinascimentale, moderna e contemporanea. Noè, nell'ebbrezza a lui sconosciuta, viene esaltato con delicatezza sia da Antonio De Bellis che da Paussin. Le nozze di Cana sono immortalate a più riprese dal Bassano, da Luca Giordano. Mistica e trasfigurante la tela che raffigura la cena di Emmaus a opera del grande Giovanni Bellini. Sarà poi lo stesso Gesù che levando il calice nell’Ultima Cena con i suoi discepoli, preannunciando la sua imminente passione, promette la sua resurrezione invitando i discepoli a non perdersi d’animo, a non cedere alle lusinghe del mondo fino alla fine dei tempi quando assiso nella sua eterna gloria farà gustare il vino nuovo simbolo del suo sangue versato per la Redenzione.

Il Bassano, Annibale Carracci, Giuseppe Maria Crespi, Filippo De Pisis, Jusepe de Rivera, Pietro Longhi, Lorenzo Lotto, Guido Reni, Claude Lorain, Giorgio Morandi, sono alcuni dei nomi prestigiosi presenti in mostra.

180 le opere esposte: antichi calici da vino del quattrocento veneziano splendenti di scaglie d’oro o luminosi con il loro blu intenso e delicato, più preziosi dell’oro invitano a brindare in spensieratezza in una sinestesia sensoriale che appaga vista gusto olfatto. Il Museo Duca di Martini di Napoli ha concesso raffinate porcellane e bisquit decorati con tralci di vite o maschere in porcellana del teatro dei pupi. Fiache cinquecentesche dal Museo Nazionale del Bargello di Firenze competono per eleganza e colorazione con le contemporanee ceramiche faentine.

Il critico napoletano Nicola Spinosa nel commentare la Mostra invita a un brindisi ideale quale segno di comunione e di fratellanza, non dimenticando lo stesso Cristo Gesù che ha sottratto la vite e il suo frutto al Tempo, assicurandone l’eternità. Arte e vino può essere un ricamo per renderci liberi, per dialogare tra noi, per farci pensare e sognare.

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