Archeologia, boom al primo corso

Interesse per la materia, curiosità, un'occasione per approfondire i propri studi. Sono le motivazioni principali che hanno spinto una quindicina di persone di differenti età a partecipare al primo corso di archeologia, promosso dal Museo diocesano tridentino e tenuto dal dott. Matteo Rapanà, specializzato in archeologia medievale all'Università di Padova.

Le lezioni si sono tenute nei quattro venerdì di maggio, presso l'aula didattica del Museo nel sottoportico del Pievano. “C'era la volontà di ampliare l'offerta culturale del museo, che tra l'altro custodisce importanti spazi archeologici, tra cui la basilica paleocristiana del duomo”, ha spiegato Rapanà, in merito alle motivazioni del corso. Positivo al termine il giudizio dei partecipanti. “Mi piace visitare i resti archeologici e le antichità – ci ha detto Giulio – desideravo avere qualche competenza in più per comprendere meglio ciò che vedo durante i miei viaggi”. Mentre Francesca è laureata in storia dell'arte e desiderava conoscere quella che definisce “l'altra faccia” della materia. Maira è stata mossa da “interesse personale e curiosità”, avendo letto qualcosa per conto proprio sull'archeologia. Parte degli iscritti hanno frequentato il corso biennale di Anastasia, che abilita a diventare guide turistiche nelle chiese, per cui quello sull'archeologia ha costituito un ulteriore approfondimento. Tra questi anche Francesco, al quarto anno del liceo classico, che aggiunge “ho sempre avuto passione per la storia e l'archeologia”. Sandra è stata invece motivata dai corsi di storia medievale frequentati all'Università della terza età. Si è partiti con l'illustrazione in breve della storia dell'archeologia, nata in origine come disciplina operante nell'ambito dell'antichità classica fino ai giorni nostri, dove vengono utilizzate le moderne tecnologie digitali. L'entusiasmo del docente ha senza dubbio contribuito a rendere gradevole l'esposizione di una materia complessa, non facile da presentare in sole otto ore. Lo dimostra il fatto che le lezioni avrebbero dovuto tenersi dalle 17 alle 18.30, ma ogni volta si sono inevitabilmente prolungate fino alle 19 per poter completare il discorso. “La difficoltà era duplice – ha affermato Rapanà – da una parte bisognava far capire come lavora l'archeologo, che non è semplicemente colui che scava, poiché lo scavo è l'ultima fase di un'indagine molto più ampia che prende in considerazione diversi contesti, e dall'altra presentare tutto ciò con un linguaggio molto semplice”. Nell'ultimo incontro, una visita alla basilica paleocristiana sotto il Duomo, ha permesso di vedere nel concreto i metodi di datazione dei materiali in base agli strati del terreno emersi negli scavi. La speranza è di riproporlo un altr'anno, magari, aggiunge il docente, “con qualcosa di nuovo”.

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