Segni di speranza

Per una notte le chiese cristiane hanno aperto le porte per ospitare concerti, visite artistiche, incontri e testimonianze

Merano – Si è svolta a Merano e in altre località dell’Alto Adige (tra cui naturalmente Bolzano) la Lunga notte delle chiese. Alla luce di un passo del Salmo 139 – “Nemmeno le tenebre per Te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno” – si sono proposte iniziative di vario genere (dai concerti alle visite artistiche, dai giochi ai momenti di preghiera) in quasi tutte le parrocchie cittadine. Nella chiesa tardogotica di S. Spirito è stata eretta una tenda all’interno della quale sono stati proiettati messaggi scritti appositamente da persone che, in tutto il mondo, vivono la sfida del dialogo. “Di fronte alle cattive notizie che arrivano quotidianamente tramite i mass media, diamo la parola ai nostri amici che vivono in situazioni di dialogo e convivenza e che sono per noi – questo lo spirito dell’iniziativa – segni di speranza”.

“Guardare l’altro negli occhi e volergli bene sinceramente come a se stessi, permette di costruire il dialogo e di vivere in pace” è il messaggio di Christine Nyemek, che ha avviato a Natitingou, in Benin, un progetto di salvaguardia dell’ambiente. “Lungi dal dividere, la differenza, qualunque essa sia, è una fonte di arricchimento reciproco. L’unica sfida che si pone è come attingervi”. A ricordarlo è François Ramde che a Dori, nel Sahel del Burkina Faso, lavora da anni per il dialogo tra cristiani e musulmani. L’ex vescovo della stessa località (Joachim Ouédraogo, ora pastore di Koudougou) propone due schegge di saggezza africana: “Solamente le colline non si incontrano”, ovvero il dialogo è sempre possibile, e “Le strisce di un pitone non sono una minaccia per quelle di un altro”, cioè: il vero credente rispetta la fede dell’altro e non se ne sente aggredito.

Don Domenico Arioli, lodigiano, è missionario a Dosso, in Niger: “Negli incontri quotidiani, specialmente con i poveri, sto imparando a ‘contemplare’ l’altro/a che sta davanti a me, la sua vita, la sua sofferenza, la sua storia, la presenza del soffio leggero dello Spirito. Lo Spirito non divora, non annichilisce la libertà, non divide le persone, ma getta ponti inimmaginabili di simpatia e solidarietà, apre strade nuove nei cuori, facilita ‘incontri’ stimolando il coraggio dell’ascolto rispettoso e della testimonianza discreta, come accadde ai discepoli dopo Pentecoste”. Rekha Chennatu, biblista indiana cita Madre Teresa: “Non tutti siamo chiamati a fare grandi cose, ma tutti noi possiamo fare piccole cose con grande amore”; e Martin Krautwurst, nuovo parroco evangelico a Merano, ricorda che “ciò che ci unisce è più di ciò che ci divide”. Paola Carbajal, presidente della Consulta Immigrati di Bolzano, propone di “promuovere un’educazione aperta al dialogo interculturale per vivere insieme e comprendersi reciprocamente, senza la perdita della propria identità” e il grande imam di Dori (Burkina), afferma: “Quando a Lunga notte delle chiesesi vive in società, ci sono due cose da considerare: viviamo sotto lo stesso sole e siamo differenti. Nonostante le nostre differenze religiose, abbiamo il dovere comune di lavorare a svilupparci insieme e a vivere insieme. Senza questo elemento minimo, nessuno potrà praticare la sua fede”. Chiude la serie dei “segni di speranza” don Mimmo Zambito, parroco di Lampedusa: “Impaziente spero che nessuno soffra più paura e angoscia, e tu sia perciò ora Dio sostanza all’impossibile”.

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