La sindrome dell’insicurezza

In Trentino prevale un atteggiamento ambivalente, tra apertura e difesa del localismo. Il ruolo dei mass media nel creare insicurezza

Nonostante la curva della criminalità negli ultimi dieci anni non registri in Italia picchi significativi la sensazione di insicurezza, la percezione di una maggiore “paura” da parte della popolazione cresce di parecchio, di quasi 15 punti percentuali. Inoltre, da un anno all’altro, tra 2014 e inizio 2015, diminuisce la “disponibilità” verso gli immigrati, che sempre più sono visti anche come un “pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza” benché i dati reali testimonino il contrario. L’ultimo report realizzato da Fondazione Unipolis, demos&pi e Osservatorio di Pavia sul “peso” delle notizie, in particolar modo televisive, riversate giornalmente sull’opinione pubblica in rapporto alla “sindrome” dell’insicurezza, alla quale le tv contribuiscono per motivi di audience (pur in un quadro variegato e con le dovute eccezioni), mette nero su bianco anche questo. Paola Barretta dell’Osservatorio di Pavia l’ha sottolineato al convegno promosso dalla cooperativa Villa S. Ignazio che si è svolto nei giorni scorsi alle Laste di Trento (“Le città sensibili. Rappresentare territori, costruire relazioni”). Quarta edizione di un appuntamento tassello del più ampio progetto “Sen.Si.-Sentire Sicurezza” diretto da Andreas Fernandez che ha l’obiettivo di sensibilizzare su questi temi per cercare di concorrere ad un più corretto inquadramento di un nodo, quello tra sicurezza, sua percezione e immigrazione, più che mai d’attualità tanto più a fronte di continue notizie “ansiogene” sugli sbarchi di immigrati.

Detto che l’insicurezza “colpisce” in particolar modo gli anziani, la ricercatrice ha sottolineato quanto la maggiore “fragilità” si nota in chi sta parecchie ore al giorno davanti alla televisione (8 su 10 si informano attraverso i Tg) e ha poche o nulle relazioni sociali.

L’insicurezza (“la sua percezione si lega alla rappresentazione”, ha detto Paola Barretta) è strettamente legata anche allo stile di vita. Uscire di casa, conoscere, avere relazioni, aiuta, e non poco. “L’antidoto migliore – ha sostenuto Marco Dallari dell’Università di Trento – è quello di scoprire e sorprendersi.

In Trentino, a questo proposito, va detto che c’è un atteggiamento ambivalente. Da una parte c’è uno sforzo, sostenuto anche dall’amministrazione, di aprirsi, ma dall’altra persiste una difesa del localismo”. “Da parte dei mass media – ha aggiunto Paola Barretta – uno sforzo maggiore va fatto per spiegare in modo più chiaro certi fenomeni. Perché ciò contribuisce a diffondere meno preoccupazione, più proporzionalità rispetto alla realtà”.

Monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes-Cei, ha denunciato le politiche “securitarie” italiane verso l’immigrazione. “Anziché accompagnare l’inserimento – ha detto – c’è uno sbarramento politico di chiusura. Lo scorso anno l’Italia, un Paese bloccato, ha accolto, con le quote, 33 mila stranieri, mentre 94 mila giovani italiani sono stati in pratica 'espulsi' per cercare un futuro all’estero. Interi settori economici non potrebbero avere continuità se non ci fossero gli stranieri. Il 32% dei lavoratori stagionali a servizio dei 45 milioni di turisti che annualmente arrivano in Italia è straniero. A fronte di 150 mila italiani che ogni anno sono costretti alla non autosufficienza i posti nelle Rsa non sono più di 50 mila. Come si farebbe senza le cosiddette badanti? Colpevoli dell’insicurezza siamo noi, non i migranti che invece stanno rigenerando l’Italia”.

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