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La pratica del Base Jumping accende il dibattito in consiglio comunale a Dro. La controversa questione dei limiti e dei divieti e la mancanza di riferimenti normativi

Un volo di pochi secondi, pompando adrenalina. La pratica del “Base Jumping” – letteralmente, il lanciarsi nel vuoto da varie superfici, rilievi naturali, edifici o ponti ed atterrare mediante un paracadute – dal 2000 ha trovato uno dei siti naturali più tecnici e difficili nel “Becco dell’Aquila”, balcone strapiombante del Monte Brento nel comune di Dro. Un balzo di circa mille metri di dislivello, prima di atterrare in località Gaggiolo tra Dro e Pietramurata, consumato in pochi secondi, compiuto spesso con le moderne “tute alari”, che se hanno aumentato tempi di volo e margini di sicurezza, non hanno però evitato incidenti e morti. E provocato, negli anni, discussioni, tentativi di regolamentazione e autodisciplina.

L'ultima vittima, lo scorso 15 maggio, è stato un giovane jumper tedesco di 25 anni. Un autentico “bollettino di guerra”: 17 incidenti mortali dal 2000 e più di trenta interventi effettuati da Soccorso Alpino, elisoccorso, forze dell'ordine e vigili del fuoco volontari di Dro.

La questione è di drammatica attualità. All’inizio della settimana ne ha discusso il consiglio comunale di Dro, sollecitato da due documenti dei gruppi consiglieri della Lega Nord Trentino e del Movimento Cinque Stelle. Dal dibattito in Aula è emerso che negli ultimi anni vi è stato un aumento dei feriti e dei morti (tra il 2000 ed il 2013 si erano verificati 10 incidenti mortali). I dati del Soccorso Alpino dicono che gli interventi sono triplicati a partire dal maggio 2013.

L'assessore alla protezione civile, Claudio Mimiola, ha spiegato la difficoltà di limitare o normare una pratica in crescita, che manca però di precisi riferimenti legislativi sia a livello nazionali che provinciale. Un parere dell'Avvocatura della Provincia di Trento del 18 maggio 2011 da una parte escludeva qualsiasi responsabilità da parte dell'amministrazione comunale, dall’altra evidenziava “la possibilità e l'opportunità di prevedere adeguate modalità attraverso le quali introdurre cautele idonee (segnaletica di pericolo), promuovendo inoltre iniziative di tipo normativo volte a codificare le regole comportamentali di prudenza e la dotazione di precisi strumenti di sicurezza”.

L'amministrazione comunale di Dro ha affermato di essere a conoscenza di un servizio di trasporto dei jumper, dalla base di Dro al punto di lancio del Becco d’Aquila (come posto in luce dalle interrogazioni presentate), ma sembra escluso che questo servizio, svolto in modo occasionale e spontaneo, possa aver incrementato l'arrivo degli appassionati e quindi ulteriori incidenti.

“E' impossibile stabilire un nesso di causalità tra i nuovi e maggiori incidenti e il servizio di trasporto fino al punto di lancio (per altro non autorizzato)”, ha detto il sindaco di Dro, Vittorio Fravezzi, sottolineando che “in molte nazioni oggi il Base Jumping non solo è normato e disciplinato, ma spesso è vietato”. “L'amministrazione comunale – ha concluso – non ha questo potere, ma è disponibile a valutare con le autorità competenti e gli stessi appassionati un codice di autoregolamentazione o delle normative più rigide e severe: il valore della vita umana viene prima di tutto”.

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